Dopo molti anni di pressioni alle varie istituzioni culturali nazionali e della Regione, finalmente Adolphe Sax dal cielo può iniziare a sorridere.
E’ tutto merito di un tipo che non si è mai arreso all’indifferenza delle varie amministrazioni, se dall’anno scorso il mondo può finalmente rendere omaggio e conservare la memoria dello sfigato costruttore di strumenti musicali belga.
Attilio Berni, romano, classe ’63, docente di musica alle scuole medie, musicista, da decenni è talmente innamorato del sax, che con grande fatica è riuscito a raggiungere un accordo col Comune di Fiumicino e a regalare al povero Adolphe Sax, costruttore di saxofoni – bistrattato dai regimi nazifascisti e non solo da loro – una casa. Un museo, unico al mondo, a Fiumicino, dove di pipe di nichel si conservano almeno 600 esemplari, dalle forme più bizzarre e provenienti dall’intero globo terrestre. https://www.attilioberni.com/
“Tutta colpa – dice, scherzando – del mio viaggio di nozze negli Stati Uniti, di un concerto jazz a New York, di una chiacchierata con il saxofonista Joe Lovano e un taxista ispanico che alla fine di una corsa, una sera, aprì il bagagliaio della sua auto e tirò fuori un saxofono dalla forma stranissima. Da quel momento mi presero una curiosità e una specie di bulimia per quello strumento, che definisco unico. E non ho smesso di cercarlo”.
Dal ‘93- ‘94 al 2005 – 2006 Attilio ha acquistato saxofoni dagli Stati Uniti solo per commercializzarli. Erano quelli fabbricati soprattutto negli anni Quaranta, dai suoni caldi e avvolgenti, meno agevoli degli attuali, ma capaci di ben identificare un musicista, costruiti in lega binaria, rame e zinco. Ne ha acquistati in tutto il mondo circa 12mila. Poi ha iniziato a comprarli per studiare le loro tecniche costruttive. Tanto da diventarne un esperto di livello mondiale.
“Nel 2019 – spiega- la concessione in comodato d’uso di un immobile da parte della città di Fiumicino, un immobile che ho ristrutturato per ospitare il primo Museo al Mondo dedicato al saxofono. https://www.museodelsaxofono.com/ E ’stata dura! Pensi che possiedo ancora le lettere di risposta del Comune di Roma che mi diceva di non avere luoghi adeguati ad ospitare la mia collezione. Ma erano talmente forti la passione per questo strumento e il desiderio di riscattare il grande Adolphe, che non ho mai mollato. Così come lo stesso Adolphe non aveva mai ceduto, neanche agli attacchi più efferati della concorrenza: musicisti pagati per non suonare i suoi strumenti o addirittura attentati alla sua persona. Ed alla fine la lungimiranza di una amministrazione si è coniugata con l’esigenza di dover trovare una casa per i miei strumenti. Parlo di lungimiranza perchè chi investe in cultura lavora sempre per una società migliore!” https://www.youtube.com/watch?v=I98B7n0jN0g
Nel Museo si può trovare l’intero scibile saxofonistico. Il sax più piccolo, lungo 32 centimetri, che è un soprillo. Ma ci sono anche: un contrabbasso di 2 metri, i tenori Selmer appartenuti a Sonny Rollins e Tex Beneke, il sub-contrabbasso J’Elle Stainer – vincitore del Guinness World Record – perché è il più grande al mondo, quelli a coulisse, e persino un sax con una poesia all’interno.
“Sì – ci dice Attilio – è il tenore Conn “Virtuoso Artist De Luxe” – matricola n°144612 costruito nel 1924. Si tratta di un sax tenore dalla sonorità eccezionale e dotato di una personalità unica. Lo strumento ha una storia molto originale. E’ stato acquistato in una bancarella di Portobello a Londra per pochissimo denaro e versava in condizioni veramente critiche. Il corpo era completamente ossidato e la campana schiacciata. Soltanto una volta rimesso a punto lo strumento si è rivelato per quello che era: unico. La cosa singolare è che all’interno delle tazze di alcune chiavi, il do, si e sib gravi, c’erano dei segni. Ad un primo esame sembravano dei graffi, forse prodotti da un cacciavite o un attrezzo maldestramente usato per rimuovere i precedenti tamponi. Ad un esame più attento, al contrario, si sono rivelati dei versi: una dedica d’amore. Una poesia che il costruttore aveva inciso, dedicando lo strumento ad una donna per la quale nutriva un amore proibito poiché questa donna era già sposata. Una sorta di messaggero d’amore o “saxofono innamorato”.
I pezzi più preziosi? Uno acquistato nel ’94 a 100 sterline per il quale hanno offerto ad Attilio 26 mila dollari, l’altro, il saxofono più raro del mondo, lo stradivari dei saxofoni: il Conn O-Sax del ’28.
Ad arricchire la collezione del museo 1200 fotografie, 500 giocattoli e documenti antichissimi, tra i quali alcuni con autografi originali di Berlioz e Adolphe Sax.
“Credo che la vera ricchezza di questo posto – aggiunge il musicista – sia la storia di questi strumenti. Non esiste un libro che racconti, per esempio, perché dopo la crisi del ’29 e la Grande Depressione le tecniche costruttive siano cambiate. Io l’ho capito, esaminando i registri di vendita della Conn e della Buescher, che producevano sax. Ho scoperto che dal 1921 al 1926 la Buescher aveva venduto circa 25mila saxofoni ogni anno, nel 1927 le vendite scesero a 13mila e nel 1931 a 5mila. Questo incise anche sulle forme. Si stava esaurendo l’epoca dei primi anni ’20, quando la popolarità del saxofono era tale che gli americani stessi definirono il periodo come The saxophone craze.
Del grande e minuzioso lavoro che ha fatto Attilio, si sono accorti anche il Museo del MIM di Bruxelles, l’Ambasciata del Belgio e la fabbrica Selmer, che hanno voluto patrocinare il Museo e le sue attività di ricerca. Il museo è grande circa 400 metri quadrati, ospita sedici vetrine e tre navate, un giardino e un palcoscenico.
“Gestirlo – continua Attilio – non è semplice. Ci costa tra i 60 e i 70 mila euro l’anno. Per questo ci stiamo attrezzando con masterclass, concerti, visite guidate a pagamento. E tra poco attiveremo lezioni on line con cartoni animati sulla storia di questi strumenti, dedicate ai bambini. Puntiamo anche sulla formazione”.
Attilio, ma se non ci fossero stati il viaggio di nozze, Lovano e il taxista? “Non ricordo con precisione la prima volta che ho ascoltato la voce del saxofono – risponde- Forse in uno dei tanti dischi di mio zio Luigi. Potrebbe essere stato il soprano di Coltrane in My favorite things come pure quello diGianni Basso in My Funny Valentine o meglio ancoraGil Ventura in Blue shadow, ma di certo ne rimasi immediatamente folgorato. Io suonavo il clarinetto, così come voleva mio padre, mentre il sax piaceva a mia madre. Dopo alcuni mesi di studio l’insegnante di clarinetto – che mi impartiva lezioni- disse loro, chiaro e tondo, che nella vita avrei potuto seguire strade importanti e diventare ingegnere, medico, scrittore, ma non musicista. A suo parere non ero portato. Di nascosto sentii queste affermazioni ed iniziai ad impegnarmi nello studio del clarinetto più per ripicca che per passione. Qualche anno dopo ero già iscritto al Conservatorio di Roma nella classe di clarinetto del grande Mariozzi ed il destino, forse per la prima volta in assoluto, mi giocò uno dei suoi proverbiali tiri. Con i miei cugini avevo costituito un’orchestrina, ma il clarinettista c’era già, rimaneva una sola possibilità di ripiego e quindi scelsi il saxofono. O forse sarebbe meglio dire che lui scelse me e mia madre, senza farlo sapere a mio padre, mi comprò il primo saxofono: un tenore Borgani. Lo pagava 15 mila lire al mese alla banda del mio paese. Dall’amore e l’intuizione di mia madre è nato tutto o quasi. Nel corso degli anni ho potuto conoscere in modo sempre più minuzioso questo tubo misterioso, una pipa di nichel incredibile, ammaliante e fascinosa. E’ uno strumento endoscopico, l’unico che puoi abbracciare, l’unico che nello stesso tempo metti in bocca, entra nel tuo corpo e riflette i tuoi umori. Il suo suono dipende dalla tua bocca, dalla tua cassa toracica, dai tuoi setti nasali. Sa cosa disse al termine di una jam session con altri saxofonisti, Coleman Hawkins? “The only thing nobody can steal from you is your sound: the sound alone is important!” Ossia, l’unica cosa che nessuno può prenderti è il suono: solo il suono è importante”. Questa affermazione, solo apparentemente scontata, ci fa capire perché il saxofono negli Stati Uniti assunse un ruolo completamente diverso dagli altri strumenti musicali. Chi suonava il sax voleva distinguersi. Di qui le forme più inusitate e strampalate prodotte e che io ho raccolto”.
Se visitate il Museo Attilio vi racconterà altri aneddoti. Qualche anno fa un collezionista cinese offrì ad Attilio una cifra da capogiro per acquistare l’intera collezione.
“Anche questa sarebbe stata una bella rivincita per Adolphe – conclude – ma ho deciso di non privarmi degli strumenti: collezionare è la mia più grande passione. Collezionare, oltre che preservare, è sfidare il tempo, ridando vita a quei momenti artistici, sociali e storici che hanno concepito, prodotto e sviluppato quello straordinario strumento che è il saxofono. Ogni saxofono è vittima della propria evoluzione ed è plasmato dall’alito vitale soffiato al suo interno da chi lo ha posseduto. Posso ricostruire la storia dello strumento, comprenderne l’evoluzione e, soprattutto, tirar fuori quel particolarissimo rapporto fra l’uomo e le sue creazioni, fra evoluzione e conservazione, fra storia e memoria, che è proprio del collezionismo e che, nel mio personale caso, raffina il mio modo di esprimermi musicalmente. Di progetti ne ho ancora tanti. E il prossimo potrebbe essere la stesura di un libro”.
Una storia bellissima che ha il suono di un sassofono di anima e poesia! Una storia quasi d ‘amore, un amore che non ha analogie con nessun tipo di sentimento! Complimenti al suono di sax, al ritmo vivo del Jazz che è musica senza tempo! Mapi
Grazie per i tuoi apprezzamenti, spero te possa venire presto a trovarci al Museo del saxofono http://www.museodelsaxofono.com
Spettacolo!!!!