Paola Veglio, classe ’79, una laurea in Ingegneria elettronica a Torino: è a lei che si deve la rinascita dell’azienda Brovind Vibratori spa a Cortemilia, nell’Alta langa.
Dell’azienda pioneristica, fondata nel 1986, è l’amministratore delegato. Una superguida che ha permesso all’impresa di sfangare un lungo periodo di crisi e portare il numero dei dipendenti dalle poche decine degli inizi a 160.
Come è nata l’azienda e come ha fatto a resistere, ce lo spiega lei stessa una donna energica, una vera tipa tosta che, con gli anni, ha imparato a sgomitare in un ambiente per tradizione maschile.
“L’idea di un’azienda come la Brovind – ci dice – è stata del socio fondatore, ma quando è nata i tempi erano diversi. Non c’era lo spopolamento di oggi e i paesi delle Langhe erano delle piccole città con tutti i servizi e i negozi. Oggi la situazione è diversa, rischiamo di veder svuotata la nostra realtà. Per questo tentiamo in tutti i modi di resistere. Ogni giorno con il nostro lavoro proviamo a ridurre al minimo la fuga verso i centri più grandi per permettere a questi bellissimi territori di continuare a vivere. Agli inizi lavoravano poche decine di persone e solo per un mercato, quello dell’automotive. Oggi l’azienda è più forte, ma ha vissuto fasi davvero molto critiche.
E’ stata lei a salvarla?
L’unico merito che mi riconosco è aver creato una splendida squadra di persone, che ha creduto in me e ha spesso assecondato le mie follie. Non è sempre facile credere nel cambiamento. Ma la nostra salvezza sta proprio nell’innovazione continua, che ha portato l ’azienda a quintuplicare il fatturato e il personale.
Cosa è stato per lei tosto?
Il mio inizio è stato molto temprante! Ero giovanissima, con zero esperienza e l’azienda in forte crisi. Subito dopo è arrivato il biennio drammatico del 2008- 2009 che ha dato il colpo di grazia. Il fiato delle banche sul nostro collo. Nessuno credeva che ci saremmo ripresi. Non sapevamo veramente come uscirne. Il rating era ai minimi storici, siamo stati a un passo dal default. A quel punto i soci hanno deciso di investire nuove risorse e il mio papà, amministratore delegato di allora, di non prendere stipendio per tanti anni. Ma per tanto tempo non è bastato. L’azienda non si riprendeva. Nel frattempo, facevo la gavetta in azienda, prima in laboratorio, poi nell’ufficio Ricerca e Sviluppo, poi come responsabile IT, mansione questa che mi ha permesso di entrare in tutti i reparti e, senza accorgermene, di imbattermi nei problemi dell’azienda.
Poi cosa è successo?
Con le unghie e i denti, mi sono ritagliata una posizione di leadership, pur avendo quasi tutti contro, anche il mio papà, il quale continuava a ripetermi che era troppo presto. Ho selezionato alcune persone, che mi hanno seguito e da lì è iniziato un bel percorso. Nel 2011 sono diventata direttore generale. Sicuramente non mi è stato regalato nulla, ho sudato tante camicie e i risultati sono arrivati. Non abbiamo preso un euro di finanziamento, non abbiamo fatto un giorno di cassa integrazione, non abbiamo tardato un giorno nel pagare gli stipendi dei dipendenti, ma abbiamo parlato con i fornitori, che ci hanno fatto da principale banca in quegli anni. Con loro ho fatto piani di rientro precisi, mai disattesi, creando un rapporto di fiducia che ancora oggi esiste. Abbiamo investito, sono andata controcorrente, ho rischiato parecchio. Insomma, ho stravolto l’azienda nell’organigramma e nei processi, abbiamo diversificato i mercati, assunto giovani e ampliato le vendite. In tre anni avevo sanato la perdita, dal quarto anno abbiamo cominciato a fare utili e nel 2013 sono diventata amministratore delegato. Oggi, a parte l’anno tragico del Covid, chiuso comunque in attivo, nonostante il mese e mezzo del primo lockdown, registriamo un utile netto di oltre un milione di euro, ogni anno.
Producete impianti di alimentazione vibranti su basi elettromagnetiche. Cosa sono e a cosa servono?
Gli impianti di alimentazione su basi elettromagnetiche vibranti riguardano quelle soluzioni tecnologicamente avanzate che permettono all’industria di allineare, grazie proprio alla vibrazione, svariate componenti di un prodotto in modo preciso e ordinato, affinché possano essere prese, per esempio, da robot pick and place e correttamente impiegate per il prosieguo del processo produttivo. Scopo del gioco è buttare alla rinfusa un prodotto, movimentarlo con la vibrazione, allinearlo e orientarlo secondo la necessità del cliente.
Un esempio?
Pensiamo a qualsiasi oggetto che ci passa per le mani. Sarà composto di tanti pezzi. Bene. Per assemblare quell’oggetto, ogni pezzettino viene buttato in un contenitore diverso, movimentato e orientato, perché un sistema di presa, robot o simile, possa afferrarlo e assemblarlo agli altri. Oppure pensiamo ai biscotti, la vibrazione permette di trasportarli in modo ordinato e senza che si rompano. Così possono essere impacchettati e pronti per finire sugli scaffali dei supermercati. I principali settori per i quali realizziamo soluzioni sono: farmaceutico, food, automotive ed elettro-meccanico. Ognuna delle 2000 commesse prodotte ogni anno è studiata e costruita su misura per il cliente. Gli ambiti industriali nei quali possiamo essere utili quindi sono infiniti. Grazie al nostro reparto di ricerca e sviluppo siamo in grado di progettare soluzioni ad hoc per rispondere alle esigenze più disparate. Inoltre stiamo rinnovando anche le tecnologie già esistenti per andare incontro ai nostri clienti. Alludo a macchinari sempre più performanti e innovativi.
Oggi avete tre sedi produttive, di cui una in Brasile, un dipartimento di Ricerca e Sviluppo, 160 dipendenti e decine di migliaia di soluzioni impiegate nei più disparati settori industriali.
Esatto. Brovind è oggi punto di riferimento per la progettazione e realizzazione di sistemi di alimentazione e orientamento vibranti a livello globale. Il quartier generale di Brovind è a Cortemilia, al quale si aggiunge una sede produttiva a Torino, un tempo destinata alle esigenze del settore automotive. Nel 2022 sarà operativa una nuova sede produttiva, sempre a Cortemilia, all’interno di un ex polo industriale di 10mila metri quadrati, acquistato nel 2020 dall’azienda e in fase di ristrutturazione. All’estero, invece, Brovind è presente in Brasile e nel 2022, o comunque appena si riuscirà di nuovo a viaggiare con regolarità, inaugureremo una sede commerciale negli Stati Uniti.
Avete clienti in tutto il mondo?
Brovind ha avviato un processo di internazionalizzazione importante, già da qualche anno. La nostra progettualità è molto apprezzata, soprattutto all’estero. Un nostro importante cliente straniero ci ripete sempre che ciò che più apprezza del nostro lavoro è il fatto che “non subiamo la vibrazione, ma la gestiamo e la controlliamo”. Questo ci inorgoglisce molto e ci incoraggia a fare sempre meglio e a superare tutte le difficoltà tecniche e progettuali che si presentano. Preciso che, se la vendita diretta all’estero riguarda il 15% dei nostri macchinari, in realtà già oggi il 95% dei nostri prodotti finisce comunque oltre confine.
Quanto fatturate?
Abbiamo chiuso il 2019 con un fatturato di 17milioni Italia, 18milioni incluso il Brasile. Gli anni 2020 e 2021 sono stati fortemente condizionati dalla pandemia, anche se stiamo lentamente tornando ai regimi pre-Covid.
Assumerete altro personale?
Certamente sì, lo abbiamo sempre fatto. Crediamo nei giovani, li formiamo in azienda e facciamo interessanti percorsi con le scuole. Siamo inoltre sensibili al nostro territorio. Per questo abbiamo creato un polo industriale inusuale in un paesino di 2300 anime. La cosa divertente è che abbiamo contribuito a creare una disoccupazione pressoché pari a zero in questi posti.
Mi parla del dipartimento di Ricerca e Sviluppo?
Intanto, non ci lavorano solo gli ingegneri, ma anche persone con la terza media, che col tempo hanno acquisito competenze in materia di vibrazione. Voglio che in quel reparto ci siano persone geniali, non necessariamente tutte laureate. Ovvio, gli studi universitari tecnici sono importantissimi e danno una marcia in più, ma non basta quello. Gli input del dipartimento arrivano spesso dall’officina e dai clienti stessi, non il contrario. E’ una peculiarità. Stiamo lavorando su molti progetti, che sono sfociati anche in recenti brevetti. È importante crescere tecnologicamente per riuscire a fornire soluzioni sempre più innovative, performanti e versatili. Questo dipartimento è il cuore di Brovind con il reparto più artigianale dell’azienda, quello chiamato della selezione: una ventina di persone, altrettanto geniali, che modificano i prodotti standard secondo l’oggetto da movimentare.
Quali erano i sogni di Paola da ragazzina? E come lavora una donna in un mondo per tradizione maschile?
Sono una sognatrice nata, che ama da morire il suo lavoro. Ho avuto una strada in salita, non solo nel lavoro. Ma sono convinta che i limiti esistano solo nelle nostre teste. L’importante è darsi degli obiettivi, ben definiti, poi la differenza la fa ognuno di noi. Le donne, purtroppo, spesso partono svantaggiate, ma se non si lasciano influenzare da chi racconta loro che non ce la faranno, non le ferma nessuno. Dalla loro hanno una forte sensibilità, che spesso aiuta nel rapporto con gli altri e nel risolvere i problemi. Da ragazzina, con una mamma finita su una sedia a rotelle a 49 anni, non avevo molto tempo per i sogni, ma ho imparato a far diventare un piccolo sogno ogni cosa che facessi. Ogni obiettivo che ci si prefigge è un sogno a cui ambire. Scoprire che si possono realizzare ti cambia il modo di vedere la vita.
Con lei alla guida, Brovind è diventata una realtà affermata. Qual è il punto di forza?
Credo che nulla si raggiunga in solitaria. I risultati che ho raggiunto sono merito di un’ottima squadra. Ho avuto molta umiltà nel voler imparare da loro e nel camminare al loro fianco. Il rispetto non è una cosa che cade dal cielo, lo si guadagna con tanta fatica. Dico sempre che la mia azienda si poggia su quattro pilastri: l’innovazione, la ricerca, le persone e il territorio. Ho sempre messo le persone davanti a tutto. Le macchine aiutano, ma il vero valore delle aziende è quello umano. Oltretutto i tempi sono cambiati, non sono più le aziende a scegliere le persone, ma le persone a scegliere le aziende.
Cosa sta facendo per incentivare i giovani a restare? Forse senza Brovind la zona sarebbe a rischio spopolamento.
Sono in prima linea per cercare di offrire a Cortemilia lavoro, servizi, opportunità per i più giovani. Siamo molto attivi con iniziative di welfare territoriale. Stiamo lavorando per rendere sempre più qualificato il lavoro del vibratorista, ad esempio, collaborando con le università e le scuole del territorio. Voglio che i giovani scelgano Brovind non perché sia l’unica opzione, ma per diventare parte integrante di un’azienda che crede in loro e che offre una serie di servizi attrattivi, mirati al benessere della persona. Cortemilia è assolutamente a rischio, se non creiamo sinergie tra aziende, amministrazioni comunali, terzo settore e cittadini, lo spopolamento diventerà fatale per queste zone.
Lei è anche Presidente del Comitato Promotore che ambisce a realizzare un imponente progetto di viabilità, atteso da anni: una nuova strada che colleghi Alba, Cortemilia e la Liguria, adatta ai mezzi pesanti, più veloce e sicura.
Si tratta di un progetto nel quale sto investendo grandi energie. “Una strada per le Langhe” rappresenta una nuova idea di viabilità tra Alba, Cortemilia, fino alla Liguria. Richiesta a gran voce da chi vive in queste zone e che risolverebbe grandi problemi di viabilità, trasporto, inquinamento, sicurezza e un più facile accesso alle strutture ospedaliere. L’attuale percorso, con i suoi scorci panoramici, verrebbe destinato al turismo. Crediamo fortemente sia giunto il momento dei fatti. Attualmente siamo agli studi di fattibilità, che hanno un costo di circa 80mila. Ci siamo prefissati di raccogliere i fondi per questo entro fine anno. Per la realizzazione dell’opera, invece, servirebbero 160 milioni di euro. I tempi di realizzazione, una volta reperiti i fondi e approvata la progettazione, saranno di circa un paio di anni. Dobbiamo convincere la politica a stanziare i fondi per il progetto. Questa, credo, sia davvero l’ultima occasione. In un recente incontro, avvenuto tra il Comitato e le attività produttive, ho concluso con una slide che riportava una frase di Glenn Hefley che mi piace tantissimo: “Ogni giorno, qualcuno sta facendo qualcosa che qualcun altro ha detto era impossibile”.
L’ultima sua pazzia?
Con un socio ho rilevato un locale, da destinare a hotel, pizzeria e ristorante, sempre a Cortemilia. È l’ennesima operazione mirata a potenziare il territorio, cercare di portare sempre più persone in questi luoghi splendidi e creare servizi. L’apertura del ristorante/pizzeria è prevista per febbraio, mentre quella dell’hotel per l’estate. Diciamo che non mi annoio. Oltre all’azienda, il Comitato e questo ultimo progetto, sono anche volontaria del 118 da una decina d’anni e sono consigliera comunale da settembre 2020. Una volta avevo anche tanti hobby, dalla pittura allo scrapbooking, ma il tempo è davvero esiguo. Ho fatto richiesta per le giornate da 48 ore, ma ho il dubbio che riuscirei a intasare anche quelle.
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