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“Il Covid19 sui bambini? Nessuno strascico, se sapremo rassicurarli. Il Paese parecchio indietro sulla telemedicina”. Andrea Guzzetta, neuropsichiatra infantile

“Il Covid19 ha mostrato la corda del nostro sistema sanitario: poche risorse economiche, scarso personale, ma, soprattutto, inadeguatezza tecnologica. La telemedicina in altri Paesi è realtà da anni. Per noi è stato difficile imparare in poche settimane ad utilizzare da remoto strumenti diagnostici per visitare i nostri piccoli pazienti. E in alcuni casi abbiamo dovuto improvvisare. Non solo. In questa fase è mancata da parte del Governo una particolare attenzione nei confronti dei nostri bambini e ragazzi, affetti da disagi mentali”.

La denuncia arriva da Andrea Guzzetta (’70, Messina), neuropsichiatra infantile, Direttore dell’unità organizzativa di sede per le Gravi Disabilità dell’Età Evolutiva e Responsabile del reparto di Neurologia della Prima Infanzia all’IRCCS Stella Maris di Pisa, che in questi giorni sta facendo ripartire il progetto europeo BornToGetThere sui neonati a rischio di paralisi cerebrale e che tiene subito a rassicurarci: “Non è detto che il virus lascerà strascichi a livello psichico sui nostri bambini. Se le famiglie saranno state in grado di supportarli a livello emotivo, oltreché economico, anche i più piccoli riusciranno a superare questo momento. Ricordo che il cervello ha capacità di adattamento e che i bambini non sono monadi. Se il contesto in cui vivono è sereno, questo sarà essenziale anche per loro”.

Professore, dunque, nessun impatto importante sui suoi piccoli pazienti?

Nella prima fase c’è stata una grande consapevolezza da parte di tutti: famiglie, medici e pazienti. C’è stata una capacità di controllo generale. Abbiamo cercato di seguire sempre i casi più gravi e le emergenze. Con il protrarsi del lockdown sono venute fuori maggiori criticità, sia per chi aveva dovuto interrompere il percorso clinico, sia per quei ragazzi con problemi latenti, che l’isolamento ha reso evidenti. Di contro, I bambini che soffrono di disturbi di ansia, temono le prestazioni scolastiche o tendono all’isolamento, dal lockdown si sono sentiti protetti. Dunque, non esiste una risposta univoca. Fondamentale è il ruolo dei genitori. La capacità di sopravvivere alla pandemia dei bambini e ragazzi, soprattutto di quelli con problemi psichici, dipende dalla loro capacità di gestire l’ansia. E’ ovvio che anche i papà e le mamme vadano in qualche modo tranquillizzati. In questo senso, vorrei fare un appunto: non ho mai ascoltato parole rassicuranti da parte del Governo. Non ho strumenti per dire se le misure adottate dall’Esecutivo nei confronti dei più piccoli, meno a rischio, siano state eccessive. Ma la politica in questa fase non ha messo al centro né i bambini, né le loro famiglie.

Come va raccontato il virus ad un bambino?

Dipende dalle situazioni e da quello che pensiamo possa spaventare i bambini: la malattia, la possibilità di perdere un genitore. Allora, torno a ripetere: è fondamentale la capacità di rassicurare. Non deve mancare il messaggio di speranza. Bisogna loro dire che ci sono strumenti per superare questa fase. I ragazzi rispecchiano quello che vedono nei loro famigliari. Dunque, serenità. Per fortuna la tecnologia li ha aiutati in questo momento senza scuola e compagni. Si sono sentiti più vicini. Noi medici, invece.

Voi medici?

Abbiamo pagato le conseguenze di un notevole ritardo digitale, culturale di questo Paese. Ci siamo trovati di fronte ad una grande impreparazione nell’utilizzo della telemedicina, che in molti casi avrebbe fatto una notevole differenza. E’ stato difficoltoso. Con tanti sforzi, però, abbiamo cercato di non lasciare sole le nostre famiglie e il 23 marzo scorso abbiamo attivato una linea diretta con i genitori, un Call Center Virtuale con i nostri specialisti. https://www.fsm.unipi.it/linea-diretta/. Un servizio attivo per tutte e tre le Unità Operative Cliniche dell’IRCCS – Fondazione Stella Maris ed anche per i servizi amministrativi e della Ricerca. Ancora oggi, lo specialista entra in contatto con i genitori o le persone che fanno richiesta entro 48 ore, attraverso telefono, mail e altri strumenti di comunicazione digitale.

A proposito di scuola, cosa pensa della proposta della viceministro all’istruzione, Anna Ascani, di consentire agli studenti delle ultime classi dei singoli cicli, la quinta elementare, la terza media, le quinte superiori, di potersi incontrare a scuola, se possibile anche nella loro aula, per celebrare l’ultimo giorno dell’anno scolastico?

La trovo una proposta sensata e condivisibile, a patto naturalmente che siano rispettate le regole sul distanziamento sociale e vengano utilizzati mascherine e guanti. Ritrovarsi, anche se distanti, è molto importante, ha un forte impatto simbolico, sociale, soprattutto per chi non ritroverà più i suoi amici per il passaggio al nuovo ciclo scolastico. Non sull’aspetto formativo, ma sul senso di appartenenza ha un’incidenza rilevante. Per settembre, si vedrà. Non trovo, comunque, totalmente negativa la scuola da remoto, ma certamente deve restare perlopiù un ripiego in attesa di un ritorno alla normalità. L’importante è dotare tutte le famiglie di supporti tecnologici e preparare per tempo i docenti. Se il futuro è una incognita, mi auguro solo che non ci siano ulteriori tagli economici a due settori chiave, quali, appunto, la scuola e la sanità. In quest’ultimo periodo abbiamo pagato un prezzo troppo alto a tagli trasversali fatti in passato.

Ci dice qualcosa sul progetto BornToGetThere?

E’ il più grande progetto europeo che sia mai stato condotto sui neonati a rischio di paralisi cerebrale infantile. I suoi risultati potranno avere un impatto sulla qualità di vita dei più piccoli a rischio e delle loro famiglie. Saranno sottoposti a screening oltre 5 mila neonati e, tra questi, 500 bambini – risultati a rischio per questo disturbo- verranno poi valutati da 300 operatori tra pediatri, neurologi ed altri specialisti, che li seguiranno dalla diagnosi, al monitoraggio, fino all’intervento precoce. Puntiamo a creare una rete europea per la diagnosi e l’intervento precoce nei neonati che rischiano di sviluppare una paralisi cerebrale, quali, ad esempio, i nati pre-termine o i neonati con parto difficoltoso. E’ un grande orgoglio per noi che a guidarlo sia il nostro Paese. Lo studio, durerà quattro anni e coinvolge nove partner,provenienti da tre Paesi europei (Italia, Danimarca e Paesi Bassi), da due Paesi associati (Georgia e Sri Lanka) e dall’Australia. Per la Toscana, oltre all’Università di Pisa, partecipano l’IRCCS Fondazione Stella Maris, la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) e Hubstract srl. Il progetto è stato finanziato con 3,7 milioni di euro nell’ambito della sfida sociale dedicata alla Salute (SC1) del programma Horizon 2020.

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