Socialismo, liberalismo e cattolicesimo: da cause a possibili rimedi per le malattie più gravi del nostro Paese. A patto che riconoscano i propri errori e arrivino ad una sintesi.
E’ quanto sostiene il giornalista e scrittore, Alessandro Barbano, nell’ultimo libro, pubblicato di recente da Mondadori e intitolato La visione.
A leggere l’ex direttore de Il Mattino, oggi vicedirettore del Corriere dello Sport, solo se le tre culture si alleeranno, riusciranno a far guarire il Paese da alcuni suoi mali, quali: la stagnazione lunga ormai più di venti anni, la crescita della rendita a danno dei redditi, la distruzione della scuola e dell’università, che rischiano di amplificarsi nel prossimo futuro a causa di scelte politiche- legate all’emergenza Covid- prive, appunto, di visione.
Ma facciamoci spiegare cosa intende in concreto per visione e che tipo di patto immagina.
Barbano, quando parla di alleanza tra questi tre tipi di cultura, allude ad una realtà che metta insieme Calenda, Renzi, Bonino, Carfagna, Berlusconi – sdoganato di recente persino da Prodi ed Epifani? E chi potrebbe esserne il leader?
Intanto, immagino non certo un redivivo patto consociativo, ma una sintesi tra culture che nello stesso tempo siano consapevoli di essere responsabili degli effetti distorsivi della globalizzazione e quindi di aver aperto le porte al populismo, ma che sentano urgente una necessità: riequilibrare il rapporto tra padri e figli, unica condizione per ripartire. Premetto che la globalizzazione non è un fatto negativo – ma andava governato meglio – Ricordo che ha permesso di ridurre in venti anni la povertà nel mondo da due miliardi a 800 milioni di persone, ma ha scontentato la classe media, che da essere ceto trainante e propulsivo, è diventato contenitore di rabbia e delusione. Se le tre culture sono state incapaci di dare risposte alle diseguaglianze, prodotte dalla globalizzazione, quindi sono state in qualche modo il veleno, oggi possono diventare medicina, perché hanno più motivi per stare insieme che per confliggere tra loro. Ma devono pensarsi in modo diverso dal passato.
Cioè?
I liberali avranno capito che il mercato non sa autoregolarsi, e che lasciato a se stesso genera diseguaglianze. Di qui la necessità di essere riequilibrato da politiche pubbliche a sostegno dei più deboli. Nel contempo i progressisti, da sempre impegnati nella battaglia a favore dei diritti senza se e senza ma si saranno resi conto che battere sul tasto di un numero sempre crescente di aspettative espone la democrazia al rischio di restare imprigionata da minoranze che quei diritti invocano. In sostanza, cultura del libero mercato, dei diritti ed etica cattolica, spogliati dei loro limiti, possono tornare a parlarsi e a farsi portatori di una pedagogia della responsabilità nei confronti di tutto il Paese.
Come arrivarci? Pensa che sarebbe più facile individuando un leader forte o mettendo mano all’assetto istituzionale?
Serve prima di tutto agire sulle culture politiche. Non immagino un patto che verticalizzi il potere e che quindi si riproponga secondo vecchi schemi e magari con la consueta forma partitica. Non è il leader, o non sono i meccanismi di ingegneria istituzionale, a fare la differenza. Certo, le leggi elettorali permetterebbero ad un leader di governare meglio. Ma qui non si tratta di avere più potere, ma di sapere come usare il potere e per quali finalità. Lo stesso tentativo di spostare il potere dal Parlamento al Governo è fallito. Ci hanno provato Craxi, Berlusconi, Prodi, e Renzi. Con quali risultati? Né vedo in Draghi l’uomo della provvidenza. Distinguiamo il coraggio personale da quello politico. Oggi occorre qualcuno che si assuma la responsabilità di fare scelte dolorose in nome e per conto di una comunità di destino con cui condivide valori e progetti. L’esempio del fatto che non si tratti della quantità di potere di fare le cose, ma della capacità di dosare potere e sapere, quindi di sapere su quali scelte puntare per rimettere in piedi un Paese fortemente indebitato? E’ il Presidente del Consiglio con i suoi decreti in piena emergenza Covid.
Perché?
Perché ha dimostrato di non avere visione. Non ha visione chi per far ripartire un Paese allo stremo destina 3 mld ad Alitalia, 1 alla scuola, non punta sul tempo pieno nelle scuole del Sud, pensa di utilizzare i fondi per distribuire bonus e sussidi e non disegna nuove forme di produttività. Non ha visione chi blocca i licenziamenti se poi mantiene il decreto dignità. Come si fa a pensare di premiare chi trasforma il lavoro a tempo indeterminato dal tempo determinato se non c’è mercato? Il lavoro non si garantisce per legge. E ancora, non ha visione chi pensa di far ripartire l’Italia sui monopattini. E non mi soffermo sulla gestione della pandemia dove gli errori sono stati tanti: dalla sospensione di tutti i voli dalla Cina prima che il contagio fosse certificato in Italia, al rifiuto di mappare con il tampone i cosiddetti asintomatici sospetti, alla mancata chiusura delle fonti di trasmissione occulta del virus. Fino al lockdown.
Due, scrive, i settori su cui le tre culture alleate dovrebbero agire subito: la scuola e la giustizia. La prima un fortino corporativo, dove grazie al sindacato, manca il merito. Chi tra Renzi con la Buona Scuola, la Gelmimi e Berlinguer ha avuto quel coraggio politico che invoca?
Renzi e Gelmini hanno provato a cambiare, ma sbagliando. Se la Gelmini ha burocratizzato l’università, Renzi ha preso la scorciatoia e ha creato un sistema di premialità nella scuola. Ma il premio al più bravo non serve a niente. Anzi, crea umiliazioni e discriminazioni. Avrebbe dovuto pensare a costruire per i docenti migliori delle carriere, pagandoli di più, ma caricandoli di responsabilità. Un grosso errore? L’infornata dei 100 mila precari con cui si è rimangiato le intenzioni iniziali. Il sindacato, certo, ha fatto il resto.
Giustizia. Parla di doppio binario, di un sistema penale illiberale ed elenca possibili rimedi. Come vede il Pd rispetto ai 5 stelle su questo terreno?
Buona pare del Pd è complice. E’ stato il pd ad introdurre in politica alcuni magistrati, a proporre con Casson la prescrizione senza termine. E lo stesso Orlando in via Arenula ha lavorato nella stessa direzione.
Su parecchie opere pubbliche i 5 stelle sembrano aver abbassato la testa. Non si devono più temere?
Certo, su alcune opere pubbliche necessarie, come l’Alta velocita e il Mose, l’esperienza di governo ha fatto ammorbidire alcuni che, però, hanno difficoltà a farle ingoiare alla pancia di questo movimento, nato, non lo dimentichiamo, da un vaffa collettivo.
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