Sapevate che per un autistico un rumore inatteso può essere molto fastidioso e che la bestia nera a livello uditivo potrebbe essere la sirena dell’ambulanza o della polizia? O che lo shampoo sui polpastrelli delle dita potrebbe essere la sensazione più ripugnante al tatto? O che colori accesi di un vestito o sapori forti, tipo quello dell’aceto, o quello delle verdure cotte, dei crostacei, delle olive, del sugo e dei capperi è spesso fonte di grande disagio, e può provocare accessi di rabbia o pianto?
Io no e l’ho scoperto leggendo Una mente diversa (San Paolo), l’ultimo libro di Federico de Rosa (Roma, ’93), un autistico e Flavia Capozzi, neuropsichiatra infantile, ex ricercatore universitario e piscoanalista. Un lavoro di circa 170 pagine che ha l’obiettivo di avvicinare neurotipici e autistici.
Quanti genitori, insegnanti, medici rimangono sconvolti da urla improvvise, e apparentemente inspiegabili? Questo è il libro giusto per motivare la chiusura degli autistici e capire che anche loro, gli estremamente diversi, possono essere felici. “A patto – come fa capire Federico (che risponde via mail alle mie domande) – che i neurotipici la smettano di considerare universale il loro stare al mondo. L’autismo non è un errore da correggere, ma una dimensione altra che si può capire e apprezzare. Io, per esempio, sono felice di essere autistico e non cambierei mai la mia mente autistica. Parto dal diversamente abile più estremo e punto a un diversamente felice unico, solo mio. E una parte di questo percorso l’ho fatta”.
Dopo aver passato i primi anni della sua vita isolato, chiuso in sé stesso, oggi Federico si dedica al racconto e alla riflessione sull’autismo. https://www.magazine.tipitosti.it/storie/autismo-federico-de-rosa-quello-che-non-ho-mai-detto/ Tanto che è diventato un punto di riferimento per tante famiglie e medici che gli scrivono. E il suo è un approccio per niente vittimistico, ma realista. Nessuna forma di autoinganno, quindi, quando, scrive che esiste una felicità alternativa per una mente alternativa.
“Per me, per esempio – scrive – è fondamentale continuare a imparare a parlare, progredire nelle mie autonomie, cibarmi della vostra amicizia. Per gli altri ragazzi autistici è importante che i genitori credano fermamente nel valore della diversità dei loro figli, li aiutino a capire dove sia il diversamente felice e li sostengano nel loro cammino. La felicità diversa è possibile, se non è costruita su quella della stragrande maggioranza delle persone, se voi neurotipici non pensate più che siamo noi ad avvitarci su noi stessi, perché siete voi che sentite, ma non riuscite ad ascoltare, che guardate, ma non riuscire a vedere. Credo che nella mia vita autistica ci sia molta capacità di stupore perché ci sono tanti istanti in cui la mia vita è pioggia e null’altro. Sono momenti brevi, ma davvero pieni soltanto di pioggia. A voi sembrerà strano, ma è così”.
Dunque, Federico, la felicità degli autistici è possibile. Per te è fatta di gradi diversi di autonomia e, soprattutto, di passeggiate lungo i sentieri silenziosi di montagna. Tu, però, l’hai riconosciuta e la puoi vivere grazie ad una famiglia che ha sempre creduto in te. Ma non è per tutti così.
Ogni essere umano, autistico o non autistico, è diversamente abile per qualcosa perché nessuno è perfetto. Dal suo diversamente abile ciascuno punta al suo diversamente felice, che è solo suo. Basta superare il concetto di normalità per vedere che anche un autistico poco autonomo può essere felice a modo suo. In questo cammino tutti abbiamo bisogno degli altri e quindi credo dovremmo donare ed accettare più aiuto. Ci sono tante mamme e tanti papà che hanno compreso la nostra neurodiversità e ci aiutano nel modo giusto facendoci crescere come autistici sempre più autonomi e consapevoli. Anche qui un mondo nuovo avanza.
Come convincere i neurotipici che l’autismo non è una disgrazia?
Basta superare la centralità del modo neurotipico di stare al mondo, quasi fosse l’unico aperto alla realizzazione. I modi di stare al mondo sono infiniti. Per questo io dico che sono diversamente felice. Non posso essere felice come voi, ma non è un problema perchè ho il mio modo di esserlo.
Sembra di intravedere una forma di antipatia per i neurotipici. A pagina 73 del tuo libro ci definisci emotivamente un po’ selvaggi. E dici che ci facciamo male da soli perché non riusciamo a vivere in modo basico.
Io vi vedo handicappati rispetto a me. Ma l’handicap è sempre reciproco perchè è la distanza tra due diverse forme di umanità. Se io sono ad un chilometro da te, anche tu lo sei da me. E se il mondo funzionasse autistico, voi avreste bisogno del mio aiuto per fare qualsiasi cosa. Se ci pensate malati o rotti, non avrete molte probabilità di incontrarci veramente. Mi sembra che a volte siate soggiogati da fantasmi della mente generati da paure profonde del diverso da voi, della malattia, della morte. Per difendervi fate scattare chiusure e difetti che hanno effetti rovinosi. Poi mi chiedo: Perché vi fate male da soli? La vita è tanto semplice per chi vive basico (abitare comodi, dormire bene, mangiare cose buone, volersi bene e fare ogni tanto fare quello che ci piace). E che tristezza provo quando sento che nella vita volete costruire qualcosa. Perché volete soffrire ancora di più? Io nella vita voglio lavorare alla mia missione, offrire un contributo, ma non pretendo alcun ruolo
Nel tuo libro c’è una parte dedicata alla scuola. Come dovrebbe cambiare per essere davvero inclusiva?
Io penso che la grande sfida della scuola sia passare dall’istruzione per tutti a quella per ciascuno. Fortunatamente tra differenze etniche, culturali, religiose e neurologiche la normalità scolastica sta esplodendo. Un cambiamento si impone e mi sembra sia già iniziato.
Il tuo più grande sogno? Ho letto che vorresti saper parlare e diventare ancora più autonomo. Prova a catapultarti nel 2030. Che Federico vedi?
Io non ho sogni. Sono pericolosi perchè generano aspettative. Di sicuro, non voglio diventare come voi, ma un autistico padrone della sua vita. E attenzione: quando parlo di autonomie, dico che ognuno decide le autonomie da perseguire. Non devono essere stabilite dalla setta segreta dei normali. Per il 2030 sarò ancora felice di fare una vita semplice. Certo ogni giorno sarò attento alle intuizioni e cercherò di attualizzare il dono di me. Ma il mio futuro non mi appartiene.
Dio, l’amore, il computer, la relazione con altri che hanno bisogno del tuo aiuto. Cosa ha contribuito in modo più incisivo a farti diventare il ragazzo che sei?
L’amore delle persone attorno a me, che non era sentimento, ma sacrificio quotidiano. Il sacrificio dell’altro per me ha acceso la mia speranza.
C’è una compagna in questo momento? Che tipo vorresti? Mi sembro di capire che impazzisci per una che dondola, abbracciata a se stessa.
Proprio così. Autistica non verbale, alta magra con i capelli lunghi e neri che come stereotipia guarda fisso nel vuoto e si dondola. Se qualcuno la conosce le dica che un ragazzo romano la sta cercando per una vita di amore e silenzio. L’amore merita che ci si arrenda al silenzio, finalmente.
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