in ,

LOVELOVE ALTOPALTOP

Jean Paul, i Viaggi bianchi e la ricerca dei fiori di loto

CAMERA

All’inferno. Per cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, nella sua vita. E così, Hiroshima, Auschwitz, i campi della Morte in Cambogia, Chernobyl, Alcatraz. E ancora, i campi del genocidio dei Tutsi in Rwanda, Ground Zero a New York, le cremazioni a Varanasi in India. Con Italo Calvino in testa, Jean Paul Stanisci (Lussemburgo, ’74), ex avvocato, oggi titolare di un B&B, questi luoghi li ha visitati tra il 2008 e quest’anno. Ne sono venuti fuori prima un blog  http://www.viaggibianchi.it/, poi un libro dal titolo: Viaggi bianchi (pubblicato da Aga di Alberobello). http://www.viaggibianchi.it/

“Nessuna curiosità morbosa per l’orrore- spiega Jean Paul – quella che spinge tante persone a farsi i selfie vicino a forni crematori o in luoghi in cui sono avvenuti omicidi – Volevo solo scoprire se dall’odio possono venire l’amore, la luce, la speranza. Da 25 anni sono buddista e in questi luoghi della memoria, segnati dalla guerra e dall’odio, in cui la dignità è stata tradita e schiacciata, cercavo il mio fiore di loto, che, affondando le radici nella melma, fiorisce candido. Mi sono immerso anche io nelle paludi melmose della sofferenza umana e sono riuscito a riscoprire il grande potenziale della vita. Il giornalista giapponese, la nonnina ad Auschwitz, e tanti altri personaggi, di cui parlo nei miei Viaggi bianchi, mi hanno insegnato, per esempio, cosa significhi davvero rispetto per il prossimo e come reagire alla rabbia, al cinismo, che stiamo vivendo oggi soprattutto sui social e per il quale siamo costretti ad assegnare scorte. Senza entrare nel merito del discorso sulla Commissione voluta dalla senatrice a vita, Liliana Segre o degli insulti a Balotelli, dico che siamo tutti chiamati ad abbassare i toni. L’odio chiama l’odio. Proviamo a reagire con parole di amore a chi ci offende, proviamo a non reagire alle offese. Indifferenza? No, solo tentativo di placare la rabbia, stemperare quell’odio che altro non è se non espressione di un proprio conflitto interiore. Proviamo prima a sanare le nostre ferite. Solo così le offese non ci provocheranno più reazioni esagerate e spezzeremo la catena di odio. E’ difficile, lo so. Ma penso sia la strada giusta per non farci ingoiare da tanta rabbia”.

L’anno prossimo usciranno il secondo volume del libro, che racchiuderà l’esperienza degli ultimi quattro luoghi visitati – e un docufilm con la regia di Marika Ramunno e Gabriele Rosato, e la colonna sonora curata da  Tommaso Scarimbolo.

Il primo viaggio risale al 2008 in Giappone. Negli anni Jean Paul ha preferito proseguire da solo. Tra pochi giorni parte per l’Ecuador dove incontrerà una tribù della foresta amazzonica.

“L’obiettivo – dice – stavolta è diverso. E’ scoprire la bellezza di un popolo e una cultura ancora vergini, senza sovrastrutture, per imparare a vivere nella semplicità”.

Jean Paul sostiene i suoi viaggi con progetti che promuove attraverso Joy Peolple, http://www.joyfulpeople.it/contatti/ la sua associazione e il suo B&B.  Quello che nel 2010 è diventato il suo “nuovo lavoro”.

“Dopo quattro anni di ansia e depressione – racconta – ho abbandonato la mia ex fidanzata e il mio studio di avvocato. E cambiato vita. Ho aperto ad Alberobello, nel Barese, un B&B con cinque stanze tematiche, in cui il design e il riciclo si incrociano.  Amici e parenti mi hanno sempre scoraggiato. Dicevano che non valeva la pena buttare soldi per una struttura che avrebbe subito la forte concorrenza di hotel e altre strutture ricettive. Qui ci sono i trulli e il livello di ospitalità è elevato. Per mesi ho pensato a qualcosa di originale. Poi, l’incontro fortunato, con un giovane ingegnere, che ha creduto subito in me e mi ha dato una mano”.

Così è nata la struttura con stanze a tema- Ognuna è dedicata ad un artista: Kunst haus – stanza artistica ispirata ad Fredrik Hundertwasser, scoperto per caso a Vienna durante un viaggio, realizzata con mattonelle riciclate. Bougarabou, una stanza etnica afro, con intonaci di terra. Buffalo, una stanza country western con legni recuperati in una falegnameria industriale. Una stanza Ars amatoria, interamente lavorata con legni resinati. E infine la stanza Woodstock, costruita con uno scrittore e un ex hippy. Non contento, per anni Jean Paul ha lavorato per sostenere il Kaki tree project, la piantumazione di un albero di kaki di seconda generazione, ricavato da un kaki miracolosamente sopravvissuto al bombardamento atomico di Nagasaki.

“Tutto – conclude – con il risarcimento che ho avuto per un incidente in cui è rimasta coinvolta mia madre. Alla sua morte la nostra casa bifamiliare è rimasta vuota. Ho vissuto anni terribili, di grande tristezza. Poi, grazie alla preghiera e agli amici, sono riuscito a rimettermi in piedi. Rimango un tipo inquieto. Ma conoscere chi, sopravvissuto ad orrore, guerra, violenza, riesce a parlare di pace, mi permette ancora di credere in questa vita. I miei viaggi come un’estensione della mia vita”

Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Loading…

0

Commenti

0 commenti

What do you think?

Written by Cinzia Ficco

Ricci e Sala lanciano la Rete dei Comuni per la memoria, contro l’odio e il razzismo.

Taranto, sulle orme di san Pietro nel suo viaggio verso Roma