in , ,

ALTOPALTOP

L’urlo di Aiace non è più “sottovetro”. La scoperta dello studioso pugliese, Lorenzo Sardone

Marzo 2020: piena pandemia, un pomeriggio anonimo di clausura e la caccia al passatempo che alleggerisca la noia da lockdown. C’è, però, chi si industria e trasforma il tempo della sofferenza in un Kairos, propizio per nuove ricerche e avventure, seppure virtuali. 

Parlo di  Lorenzo Sardone, 30 anni,  di Cassano Murge, nel Barese, che l’anno scorso, sfruttando i tempi sospesi dal Covid, è riuscito a farsi segnalare persino da una rivista tedesca, specializzata in papirologia. 

“Navigavo su Internet – ci racconta – alla ricerca di paralleli paleografici (per i non addetti ai lavori, documenti storici utili a fare dei confronti, alla base del suo lavoro), per un puro caso entro nella Biblioteca del Museo di Belle Arti di Gent, in Belgio e subito mi appaiono poche e confuse righe di un papiro, conservato sottovetro e vergato in una scrittura elegante”. 

Con un semplice ritocco, grazie al programma di Photoshop, Lorenzo capisce che le scritte non hanno senso logico perché i frammenti di papiro risultano posizionati male forse da chi li ha catalogati nel secolo scorso. Così rimette i pezzi del puzzle al loro posto e si accorge di essersi imbattuto in un documento prezioso, sconosciuto fino a quel momento. Si trattava di un pezzettino dell’Aiace di Sofocle. https://lib.ugent.be/viewer/archive.ugent.be%3ABABC5C4C-6FFB-11E1-A1E7-82403B7C8C91#?c=&m=&s=&cv=&xywh=76%2C3308%2C7430%2C4933

In una giornata simile a tante altre,  Lorenzo fa la grande scoperta. Dà un nome e data tre  frammenti  di pochi centimetri ciascuno, contenenti sette versi, tratti da una delle opere più famose del tragediografo prediletto di Aristotele, dedicate a quell’eroe che, per vendicarsi degli dei magnanimi nei confronti di Odisseo e duri verso di lui, stermina dei buoi, pensando si tratti di uomini, rendendosi così ridicolo. Proverbiali diventeranno la sua cieca ira e le sue grida.

Ma torniamo al nostro giovane papirologo. Lorenzo è un vero appassionato della cultura classica e quello per il greco antico è un amore che si porta dietro da ragazzo.

“Ho frequentato il liceo scientifico perché era più comodo da raggiungere – afferma – A Cassano, all’epoca dei miei studi superiori, non c’era ancora il classico. Non ho mai disdegnato le materie scientifiche, ma, una volta presa la maturità, mi sono dedicato alle materie umanistiche ed in particolare, al greco. L’ho studiato da solo. Doveva essere un esperimento. Ci sono riuscito. In Italia sembra un percorso strano, ma all’estero è una cosa più comune”.

Così dopo la laurea in Lettere classiche alla Sapienza di Roma (la triennale nel 2012, la magistrale, nel 2015), arriva il dottorato sempre alla Sapienza, concluso nel 2019.

Dalla magistrale inizia ad appassionarsi alla ricostruzione dei testi antichi. Con un PostDoc all’Università di San Marino, guidata da Corrado Petrocelli, Lorenzo continua la sua ricerca nell’ambito della papirologia.  A seguirlo, ci sono: il filologo, Luciano Canfora, che all’ateneo è direttore della Scuola Superiore di Studi Storici, Rosa Otranto, docente di Papirologia e Filologia presso l’Ateneo barese e Guglielmo Cavallo, eminente paleografo, docente per tanti anni presso l’Ateneo della capitale.

Il nostro archeologo 2.0 impara così ad analizzare i testi antichi attraverso lo studio dei supporti materiali (papiro, pergamena, legno, coccio o altro ancora) e delle scritture, fondamentali per la datazione dei reperti. 

Un lavoro che definisce arduo e molto tecnico, ma che gli ha dato la possibilità di fare la scoperta al Museo di Gent.

I frammenti individuati, per quanto piccoli, testimoniano l’esistenza di un libro intero. Sarebbero stati scritti nell’Egitto greco-romano e giunti in Europa nel 1927. Erano menzionati in un catalogo del 1985 come frammenti di un testo dalla bella scrittura, letteraria e raffinata. Sono stati digitalizzati ma, sino a marzo scorso, risultavano privi di identità e di una età.

Dall’analisi di Lorenzo il documento risalirebbe ad un periodo compreso tra il quinto e il sesto secolo dopo Cristo.

La scoperta, che ha fatto felici i suoi docenti Canfora e Cavallo, è importante perché di Sofocle, che Aristotele considerava il migliore dei tre tragediografi (l’Edipo re sarebbe la tragedia perfetta), non abbiamo molto.

“Il numero di reperti sofoclei riemersi dalle sabbie dell’Egitto – ci spiega Lorenzo – equiparabile peraltro al numero di quelli attribuibili a Eschilo – è piuttosto modesto. Più diffusi i papiri di Euripide,  popolare, perché più letto. Tra i sette drammi sofoclei noti per tradizione medievale, l’Aiace annovera allo stato attuale il numero più alto di attestazioni”.

A questi reperti già noti si può, dunque, aggiungere quello scoperto da Lorenzo.

Il lavoro del nostro ricercatore prosegue. Se l’anno scorso ha liberato l’urlo di Aiace, ad aprile prossimo darà la parola a Demostene. Da Edipuglia sarà pubblicato un suo libro sull’avvocato e politico, noto per aver saputo sanare la sua balbuzie.

“Ho analizzato i papiri del un suo capolavoro – afferma – quelli dell’orazione: Sulla Corona.  Si tratta di un testo giudiziario e racconta i fatti avvenuti nella tarda estate del 330 a.C. All’epoca Atene ospita uno dei processi più celebri di tutto il mondo antico, che vede contrapposti Demostene ed Eschine, due oratori di indubbia capacità, protagonisti della vita politica ateniese del terzo venticinquennio del IV secolo a.C. Il successo schiacciante che Demostene consegue al termine del dibattimento giudiziario è degno di apprezzamento, perché non è affatto scontato. La sua argomentazione vince perché è a tratti paradossale e si ispira ad una fase critica della città, in cui si fanno particolari scelte politiche. Ripercorrere brevemente tappe e contesti di questa vicenda può aiutare a dare ragione di questo successo, che è il successo dell’uomo politico, ma anche e soprattutto, dell’oratore e del testo della sua autodifesa. Il discorso Sulla Corona è un capolavoro dell’arte della parola, che mostra questo personaggio in tutta la sua grandezza. Un vero tipo tosto, capace di superare il suo limite, la balbuzie, raggiungendo vette altissime di eloquenza, come più volte disse Cicerone. Non solo, Demostene è il più strenuo difensore della democrazia, pur intuendo lucidamente quanto vivere in democrazia sia più difficile che vivere sotto un potere dispotico. Ne riconosce infatti i limiti interni: corruzione, istinti del popolo da arginare e necessità di una mediazione continua e ardua. Di sicuro, una figura attuale, da ristudiare”.

Comments

Leave a Reply
  1. Complimenti Lorenzo per il tuo lavoro e impegno! Ripercorrere il passato ci aiuta a capire il presente: ho colto quanto affermava Demostene che vivere in democrazia è più difficile che vivere sotto un potere dispotico. Quanto di più attuale, quanta corruzione comporta vivere senza controlli… Dovremmo farne tesoro e capire anche tramite questi testi antichi, la bellezza del nostro attuale vivere e non sprecare il tempo in inutili lotte di potere senza alcuna logica. Complimenti Cinzia di aver colto un tipo “tostissimo”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Loading…

0

Commenti

0 commenti

What do you think?

Written by Cinzia Ficco

Sbagliando (al potere), si può imparare. Gli errori di chi governa (e i rimedi) in un libro di Luciano Violante

Una scelta necessaria, il docufilm di Stanisci e Ramunno candidato ai Festival europei del cinema