Una sorta di joint venture tra le Suore Domenicane di Santa Maria del Rosario guidate da madre Paola, il mondo della salute mentale di Prato (utenti, famigliari, volontari, operatori) e il movimento de Le Parole ritrovate per provare ad esportare Basaglia in India.
Si tratta del progetto “Diamo un senso alla follia. Riaccendiamo la speranza”, che ha l’obiettivo di trasferire 50 delle 250 malate mentali – tuttora recluse in un manicomio di Kochi, un grosso centro nello Stato del Kerala, in India- in una struttura di 2500 metri quadrati, con un ampio cortile interno ed una vasta superficie esterna da adibire a lavoro e intrattenimento.
“Stiamo lavorando – afferma Renzo De Stefani, (Roma, ’48), psichiatra e responsabile del movimento nazionale Le parole ritrovate www.leparoleritrovate.com per dare vita a un Centro di Salute Mentale aperto alla Comunità, che accoglierà circa 50 donne con dolorose storie di follia, a cui tenteremo di restituire dignità e parola. Proveremo a portare, ma non certo come colonizzatori, un metodo nuovo di cura, in cui pazienti, famiglie e operatori della salute mentale lavoreranno in modo paritario. Che poi è il nostro fareassieme, in cuile conoscenze dei nostri psichiatri vengono supportate dall’esperienza degli utenti e dei famigliari dei malati. Una formula terapeutica, che ci ha fatti conoscere a livello internazionale. In sostanza, l’approccio biopsicosociale al disagio mentale, raccomandato dall’Oms, che noi siamo riusciti a concretizzare a Trento e in altre città italiane, e che esperti della qualità e della salute di molti Paesi, come la Svezia, la Norvegia, il Brasile, la Cina, il Giappone, hanno voluto studiare e applicare”.
Il progetto in Kerala è solo uno dei tanti promossi dal nostro movimento, che da venti anni si muove a livello internazionale, organizzando eventi di forte impatto mediatico. “Ricordo – aggiunge il medico – che alcuni anni fa abbiamo organizzato un viaggio a Pechino con la ferrovia transiberiana. Eravamo in 210 (tra utenti, pazienti e famigliari) e non abbiamo avuto problemi”.
Ma come è nata l’idea e perché proprio l’India? “Per più di 10 anni – risponde lo psichiatra- un gruppo misto della salute mentale di Prato, affiancato dalle scuole superiori della città e spinto dall’entusiasmo di Suor Paola, Madre Generale delle Suore Domenicane di Santa Maria del Rosario, si è recato ogni anno a Kochi, per portare vita e dignità a chi era costretto a vivere in un manicomio della città, uno dei tanti, in condizioni di abbandono. E’ nato un legame profondo tra il mondo di Prato e quel luogo di dolore. Da qualche tempo, però, ci si è resi conto che, andarci e abbandonare per molti mesi quelle malate, non portava a cambiamenti duraturi nel tempo. Quel manicomio è in via di chiusura per alcuni scandali. Così hanno deciso le autorità indiane. Di qui ‘il Progetto India’, che nasce dalla collaborazione tra le Suore Domenicane, il gruppo di Prato e il nostro movimento”.
La struttura in India, di proprietà delle Suore di Prato, che accoglierà le pazienti, era destinata ad una scuola. Madre Paola e il suo gruppo hanno quindi deciso di diversificare la destinazione dello stabile perché negli ultimi anni si sono accostate alla malattia mentale, partendo da Prato. Hanno cominciato ad accudire le ultime delle ultime.
Il progetto, che coinvolgerà centinaia di persone dei gruppi italiani di Parole ritrovate, è stato elaborato tra dicembre e gennaio scorsi.
“L’aspetto tosto? – dice De Stefani – Aver costruito con le Suore e gli amici di Prato un progetto che cresceva ed entusiasmava giorno dopo giorno. E sa perché? La nostra iniziativa, mira oltreché ad ospitare 50 donne- che usciranno da uno dei manicomi di Kochi e darà loro una possibilità di riscatto, a far nascere un Centro di salute mentale, aperto alla comunità. Il Centro di salute mentale a Kochi assomiglierà a un Centro di salute mentale italiano, paradigma di ‘buona’ salute mentale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, centrato, quindi, su risposte a valenza e priorità territoriale. Seguiremo alcuni step. Ci sarà una prima accoglienza calda per creare fiducia e relazioni ricche di affettività. Ascolto, sostegno e coinvolgimento dei famigliari. Risposta territoriale in tempo reale alle crisi, per evitare il più possibile il ricovero in Ospedale. Formazione di utenti. Sostegno a chi vorrà abitare da sola, senza sostegno famigliare, per evitare lungodegenze in strutture contenitive. Riavviamento al lavoro, con attività interne al Centro di salute mentale o sul libero mercato. Attività di contrasto allo stigma e al pregiudizio. Coinvolgimento delle associazioni di volontariato. Non sarà semplice farlo, se pensiamo che in India la sanità è in prevalenza privata, simile al modello americano, basato sul sistema assicurativo. Chi può pagare riceve cure di elevata qualità. Le classi povere sono abbandonate alla carità di strutture religiose o a sostegni governativi, che sono in genere di livello basso o molto basso. La salute mentale, ovvio, è allineata su questo modello. Le classi ricche possono contare su ospedali e cure ambulatoriali di livello internazionale con un approccio medico-farmacologico. Gli utenti gravi delle classi medie e, soprattutto, povere finiscono negli ospedali psichiatrici, dove vivono da reclusi come succedeva nei manicomi di casa nostra di 50 anni fa. Tanti sono i Centri di riabilitazione psico-sociale, che ospitano alcune centinaia di malati ciascuno. Anche la permanenza nelle strutture è disomogenea. Ci sono strutture in cui la permanenza non supera in media i pochi mesi, altre, in cui la maggioranza degli ospiti vive da anni ed è destinata a restarci per tutta la vita. Ruolo fondamentale è giocato dalle famiglie, a cui è demandata la decisione di riaccogliere o meno il congiunto. Altra nota dolente è il sovraffollamento delle strutture, legato per lo più alla difficoltà di dimettere persone che non hanno famiglia o non hanno famiglie disposte a prenderle con sé. Ma ci vogliamo provare. Siamo tosti. Ognuno con le proprie forze. Le suore hanno rinunciato alla scuola- che avrebbe creato meno difficoltà- noi dell’Associazione assicureremo la formazione del personale, quelli di Prato porteranno affetto e cura alle malate. Tutti e tre dovremo reperire 300 milioni di euro per completare l’opera nei prossimi mesi”.
“Trovare questi soldi – afferma suor Paola Iolo, 77 anni e 25 anni di assistenza ai bisognosi- è l’ultima delle mie preoccupazioni. Quello che mi dà pensiero è che le suorine imparino a prendersi cura con umiltà e sensibilità di queste persone fragili. Quindi che si parta col piede giusto. Però, dalla mia, ho la fede. E ai miracoli credo. Aiutare chi soffre è una grande opportunità di crescita”.
Intanto ognuno di noi può contribuire al progetto, acquistando una delle 15 mila cartoline già stampate, che i vari gruppi regionali de Le Parole ritrovate venderanno a 5 euro in tutta Italia.
“Chi le compra – aggiunge lo psichiatra – le indirizza ad amici e parenti, ce le restituisce e noi ci impegniamo a spedirle dall’India quando ci sarà l’inaugurazione della struttura. Così qualche anno fa il movimento ha raccolto circa 50 mila euro per costruire una scuola a Muyeye in Kenya”. Oppure si può effettuare un versamento sul Conto 005000 intestato a “Associazione Amici del Rosary Convent Onlus”, Banco BPM Dip. 2660 Prato Grignano con causale “Progetto India”.
CODICE IBAN IT78L0503421564000000005000
CODICE SWIF BAPPIT21S60
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