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Spiagge libere da alghe. Merito di un team barese

Sarà per merito di un team di bravi e tenaci studiosi, che tra breve potremo dire addio ai fetori da alghe sulle nostre spiagge.

Si tratta di gruppo di ricercatori dell’azienda Noria di Mola di Bari http://noria.ba.cnr.it/azienda.phtml, che da otto anni cercano di capire come liberare i Comuni costieri dai fetori, dagli ingombri della cosiddetta posidonia e soprattutto, come trasformare questa pianta in una risorsa. Con altri partners, la squadra di studiosi  nel Barese dal 2010 partecipa ad un progetto, Prime, finanziato in parte dall’Unione Europea, che si concluderà nel 2013. Come ci dice Angelo Parente, coordinatore scientifico del progetto.

Intanto, cos’è la posidonia?

La posidonia (Posidonia oceanica) spesso per errore chiamata “alga”, è una pianta superiore, adattata alla vita in mare. Nonostante il nome, la si trova solo nel Mediterraneo, dove può vivere da qualche metro di profondità fino a trenta – quaranta metri, in presenza di luce. Ha un importante ruolo nell’ecosistema marino.

A cosa serve?

Alla produzione di ossigeno con il processo di fotosintesi. Poi, svolge la funzione di nursery per la fauna marittima. Ha un importante ruolo nella mitigazione dell’effetto erosivo delle coste, determinato dal mare. Rappresenta un indicatore biologico di pulizia del mare. La pianta, in determinati periodi, perde le foglie che, in parte, si ritrovano lungo i litorali dei Comuni costieri. Lo spiaggiamento dei residui di posidonia lungo la costa è un problema frequente, che i centri sul mare devono affrontare. La presenza dei residui vegetali spiaggiati può rappresentare un problema di difficile gestione per le amministrazioni pubbliche.

Perché?

Il fenomeno dello spiaggiamento è un disagio per i cittadini, i bagnanti e i gestori degli stabilimenti balneari, soprattutto nelle zone a maggiore vocazione turistico – balneare. In prossimità dei centri abitati costieri, poi, possono registrarsi anche problemi di natura igienico-sanitaria, a causa di processi di putrefazione, che producono cattivi odori.

E allora?

Spesso tali residui vengono rimossi in modo indiscriminato dai litorali. Così, si creano problemi ambientali, sia per la raccolta, sia per le modalità di smaltimento delle biomasse nella maggior parte dei casi, realizzato in discarica. E non solo.

Cosa vuole dire?

Ci sono anche problemi di natura economica. Alludo ai costi, che i Comuni costieri devono sostenere per lo smaltimento.

Veniamo al progetto. In sintesi cos’è il Prime?

Il progetto Life + PRIME (acronimo, che deriva dal nome del progetto: “Posidonia residues integrated management for eco-sustainability”) si articola in vari interventi: gestione e monitoraggio, conoscenza, analisi e valutazione, raccolta, movimentazione, pretrattamento e trattamento dei residui, valorizzazione, comunicazione e sensibilizzazione, formazione. Con questa iniziativa vogliamo definire un sistema di gestione integrata dei residui di posidonia che rimangono sulle nostre spiagge. E questo, cercando nel contempo di tutelare l’ambiente e ridurre i costi di smaltimento della pianta attraverso la gestione ecocompatibile delle biomasse e il recupero mediante compostaggio.

Con quali ricadute?

Tante. C’è la possibilità che il compost ottenuto sia utilizzato in prove dimostrative come fertilizzante del terreno o substrato per il vivaismo o le colture idroponiche, cioè fuori suolo (il terreno è sostituito da un substrato inerte di argilla espansa, perlite, vermiculite, fibra di cocco, lana di roccia, zeolite, eccetera, ndr). Grande importanza, nell’ambito del progetto, sarà data anche alla divulgazione e alla formazione.

L’Ue, diceva, finanzia il progetto.  

Sì. La Commissione Europea ha co -finanziato al cinquanta per cento questo progetto, che rientra nella misura Life + “Politica ambientale e governance” dell’Unione Europea. Il progetto è iniziato ad ottobre del 2010, finirà ad ottobre dell’anno prossimo. L’inaugurazione è avvenuta il 31 gennaio 2011.

A quanto ammonta il finanziamento?

Il progetto nella sua totalità ha un budget di 1.139.000 euro di cui, appunto, la metà finanziata dall’Unione europea e l’altra da ciascun partner del progetto.

I partners?

Sono cinque. Oltre al mio istituto (Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, ISPA, del CNR) ci sono: ECO-logica, società di ingegneria e consulenza ambientale, Aseco, società del Gruppo Acquedotto Pugliese, che si occupa del trattamento di rifiuti organici, TE.CO.MA, società che si occupa della progettazione e realizzazione di impianti di essiccazione e il Comune di Mola di Bari, che rappresenta il soggetto pubblico coordinatore del progetto.

Quali sono state le difficoltà maggiori della vostra ricerca? Ci sono stati altri Istituti, che si sino concentrati in passato sulla posidonia?

In tanti lavorano su questa pianta, ma ognuno prende in considerazione problematiche diverse. Noi ci prefiggiamo un obiettivo: applicare in modo più ampio le ricerche condotte in passato.

Cioè?

Come dicevo, puntiamo a trasformare i residui di posidonia spiaggiati, fino ad ora considerati un rifiuto, in una risorsa, reimmettendoli nel ciclo produttivo, come apportatori di sostanza organica al terreno e, indirettamente, come elementi nutritivi alle piante, ma anche come substrato di coltivazione in alternativa ad altri attualmente utilizzati, costosi e non rinnovabili. In questo ci viene in aiuto anche la vigente legislazione.

In che senso?

Fino al 2010 era vietato utilizzare “alghe e piante marine” nella costituzione delle miscele per il compostaggio. Con il  Decreto legge  n. 75 del 2010 è diventato  possibile, anche se i residui di posidonia possono essere usati solo entro certi limiti.

Cosa cambierà con i vostri studi?

Tutta la posidonia, attualmente avviata in discarica, verrà riutilizzata come sostanza organica. I Comuni costieri non dovranno più sborsare tanto denaro per lo smaltimento.

Cosa serve per vedere i primi risultati?

Soltanto un po’ di tempo. Abbiamo già avviato diverse attività, relative al progetto stesso, che si concluderanno nei prossimi mesi. Tutti coloro che vogliano saperne di più possono intanto visitare il sito del progetto (http://www.lifeprime.eu/).

Quali sono i prossimi step?

Alcune fasi sono state completate. Altre sono state avviate e altre ancora sono in fase di avviamento. Al momento, stiamo testando un prototipo, utile alla separazione della sabbia dalla posidonia, che rappresenta uno dei principali problemi legati all’ utilizzazione successiva del materiale organico. Se non si procede alla separazione, aumentano i costi di trasporto e si sottrae sabbia dal litorale, contribuendo ai processi erosivi.

A chi chiedete collaborazione, oltreché ai Comuni?

Ovviamente i Comuni sono tra i primi stakeholders del progetto, ma possono essere coinvolte altre figure.

Tipo?

Gestori degli stabilimenti balneari, aziende che gestiscono i rifiuti solidi urbani, aziende di compostaggio, agricoltori e florovivaisti, scuole e associazioni ambientaliste e di volontariato.

Chi ci guadagnerà?

Sicuramente gli stakeholders del progetto. Ricordo solo un dato: lo smaltimento di una tonnellata di posidonia costa, ad un Comune, tra i 100 e i 150 euro. Per quanto riguarda i substrati, è più difficile fare un calcolo, ma credo sia sufficiente sapere che per l’approvvigionamento della torba, uno dei principali componenti dei substrati per l’ortoflorovivaismo, tra l’altro risorsa non rinnovabile, siamo completamente dipendenti dall’estero.

Questo cosa significa?

Parecchie cose: costi di trasporto, inquinamento, alterazione di habitat naturali, derivata dall’attività estrattiva della torba stessa.

                                                                                                                            Cinzia Ficco

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Written by Cinzia Ficco

"Il mio formaggio? Non ha perso il profumo della mia terra. Il Salento!"

Per lavoro con i pusher. A casa una mamma affettuosa