Giocattoli accessibili, disegnati per favorire l’integrazione dei bambini disabili.
Ci hanno pensato Anna de Vecchi (’82) e Giovanna Culot (’83), tutte e due di Gorizia, amiche da quando avevano otto anni – facevano parte dello stesso gruppo scout- che hanno fondato una start up. http://www.lam-project.com/it/
L’idea parte da Anna, che afferma: “Mi sono ero accorta che non esistevano giocattoli studiati secondo il principio del “design for all”, ovvero prodotti progettati per essere utilizzati nello stesso tempo da bambini cosiddetti normodotati e da bambini affetti da disabilità. Oggi esistono per la seconda categoria molti ausili terapeutici o giocattoli riadattati dalle cliniche o dalle famiglie, ma non giocattoli progettati con lo scopo a cui miriamo noi. Noi vogliamo che l’azione ludica favorisca l’integrazione e quindi anche il superamento di barriere culturali, legate alla disabilità infantile. Non esistono giocattoli per bambini disabili e a prezzi contenuti. E questo è un dato confermato dalle famiglie”.
Nel febbraio 2014 l’idea di Anna si concretizza nel progetto LAM! Look At me, che partecipa al bando FVG LABOR promosso dall’UPI in Friuli Venezia Giulia. Il progetto viene selezionato e permette al team (agli inizi Anna Devecchi, Giovanna Culot e Manuela Iob, quest’ultima, poi, per impegni personali si è sfilata dal gruppo,ndr), di prendere parte a un’Academy di tre mesi durante la quale vengono impartite lezioni di economia, nozioni base di diritto del lavoro, di richieste di finanziamenti, di coaching per gestire le criticità in una impresa.
In questo periodo le due amiche affinano l’idea iniziale. Il lavoro procede per fasi. All’inizio si studiano giocattoli tradizionali per la fascia 0-3 anni, poi si passa a quelli tecnologici per la fascia 4-15. Infine si progettano spazi museali e ricreativi per bambini. LAM! trova partner istituzionali (patrocinio della Consulta Disabili FVG) e partner scientifici (SMILE -Stella Maris Infant Lab for Early intervention- dell’IRCCS Stella Maris di Pisa e il Centro di Neuroftalmologia dell’età evolutiva della S.C. di Neuropsichiatria Infantile -I.R.C.C.S. Fondazione Istituto Neurologico Nazionale C.Mondino, Pavia), che a loro volta creano una cordata scientifica, la quale si sta espandendo anche in territorio europeo.
“Non si possono improvvisare prodotti destinati a un pubblico come il nostro – spiega Anna – senza avere alle spalle una fase molto articolata di ricerca e sviluppo a 360°. Nello stesso tempo devi studiare per creare il giocattolo, informarti sulla normativa vigente, comprendere le esigenze delle famiglie e capire come si muovono i competitors”.
A giugno di quest’anno LAM! Vince il premio di 12 mila euro ( FVG LABOR) , posizionandosi al primo posto rispetto anche alle altre start up vincitrici nelle altre tre province. A settembre scorso Anna e Giovanna fondano una srl: la Look at me!.
E’ stato un percorso faticoso?
E’ stato faticoso concretizzare l’idea, cercare i canali giusti per affermarci. Parlo delle istituzioni, delle imprese, dei finanziatori. E’ stato difficile convincerli della bontà del progetto. Per fortuna non erano tanti gli scettici. Abbiamo aggirato gli ostacoli con la costanza, l’impegno e la convinzione. L’idea è buona perché può aiutare un sacco di bambini che ora non possono giocare e divertirsi come fanno gli altri. Loro sono la nostra più grossa motivazione. Contro la nostra idea ha remato la lentezza della burocrazia. Tempi infiniti per ottenere un permesso, un’autorizzazione o il noleggio di una sala.
Quanto avete investito?
Agli inizi risorse nostre. Poi abbiamo vinto i soldi del finanziamento e ora stiamo partecipando ad altri bandi più consistenti per far aumentare il capitale. Ci ha aiutate qualche benefattore.
Ci spiegate come sono i vostri giocattoli e come favoriscono l’integrazione?
Creiamo giocattoli accessibili. Sono fatti con accorgimenti particolari, che li rendono fruibili al maggior numero possibile di bambini. Ma sono pochi i cambiamenti che apportiamo. Dunque, sono apparentemente comuni. E’ questa la vera sfida. Cerchiamo di abbattere i costi di produzione e rendere il giocattolo accattivante per tutti, bambini normodotati e disabili. Così si riducono i prezzi, ora spesso spropositati, di alcuni giocattoli “adattati” in commercio. Niente distinzioni o giocattoli che creino una barriera distintiva tra categorie. Tutti i bambini hanno il diritto al gioco per il loro sviluppo sociale, cognitivo, motorio, sensoriale. Il giocattolo e il gioco in generale servono al bambino come parametro per misurare il mondo. Tutti devono possedere lo stesso oggetto. E le famiglie dei bimbi disabili non devono impazzire per adattare un giocattolo sul mercato. I giocattoli ora in commercio non sono accessibili nè ai bimbi disabili, nè a quelli normodotati.
Perché?
Metta nella culla di un bambino di un mese un oggetto che lo bombarda di luci, suoni, oggetti luminescenti o personaggi semoventi e provi a immaginare quanto questo lo possa aiutare nel momento della nanna. Quanto favorisce l’addormentamento un prodotto del genere? Quanto si può accostare il concetto di sonno, silenzio, buio, sogni a un carillon strabordante di input? Eppure metà di quelli in commercio sono progettati secondo questi canoni. Si progetta per le mamme e i papà, non per il bambino, molto spesso. Si figuri come ci si rapporta con la disabilità, che quasi nessuno conosce bene e non ha nemmeno la voglia di indagare perchè comporta troppa fatica, troppe risorse, troppe conoscenze e forse poco ritorno economico. Il mercato del giocattolo ormai è come il fashion design, segue le mode, i trend, le pubblicità. Come si può stare dietro a tutto questo che alla fine giova ben poco alla crescita senza incappare nella banalità e nell’approssimazione? Il mondo del bambino, secondo la nostra visione, e quello del bambino disabile ancor di più, richiede cura, studio, approfondimento, know-how specifico, progettazione attenta e consapevole. Non può basarsi su un vezzo stagionale o un colore che si intona meglio alla tappezzeria della stanzetta. Il nostro è un lavoro di particolare cura. Siamo noi a disegnarli. Con le cliniche coinvolte nella cordata scientifica ci occupiamo della parte relativa alla ricerca e allo sviluppo del prodotto.
A quante persone Lam potrà dare lavoro tra breve?
Il business model sarà di tipo snello e flessibile, con pochi investimenti iniziali, sarà incentrato sulla modalità di licensing ad aziende esistenti, quindi potenzialmente darà lavoro non solo ai nostri collaboratori diretti, ma anche alle aziende che prenderanno il marchio in licenza, produrranno, distribuiranno e venderanno i giocattoli.
I vostri sogni di qui a tre, quattro anni?
Abbiamo l’ambizione di espandere il nostro mercato al giocattolo tecnologico e alla progettazione di spazi museali. Parallelamente vorremmo creare un’associazione che organizzi workshop multiattività, per far interagire bimbi disabili e bimbi normodotati
Vi sentite tipe toste?
Diciamo di sì. Siamo mamme entrambe di bambine piccole e cerchiamo, comunque, di inseguire un sogno, facendo incrociare i nostri innumerevoli impegni, personali e professionali. Ci dividiamo tra pannolini, asili, mail e incontri lavorativi! Stiamo portando avanti un progetto non semplice, che rappresenta una sfida sia culturale sia commerciale. Tutto questo perché riteniamo che i bambini abbiano il diritto al gioco e alla socialità: pensiamo che solo questo possa renderci “toste”. Per tutto il resto aspettiamo la presentazione ufficiale dei primi giocattoli, che avverrà tra breve.
Cinzia Ficco
Anna Devecchi
Maturità classica, Laurea Magistrale in Industrial Design presso l’Universität für angewandte Kunst di Vienna. Diverse esperienze professionali da libero professionista nel campo della progettazione, ideazione, industrializzazione e del design strategico per aziende e studi privati. Durante la seconda maternità frequenta il Corso di Alta Formazione di Toy Design a Milano e si specializza in design per l’infanzia, prodotti di puericultura e progettazione di spazi destinati ai bimbi secondo il principio “design for all”. Mamma single di Anita e Margherita.
Giovanna Culot
Maturità scientifica, consulente manageriale presso The Boston Consulting Group (BCG) con specializzazione nell’ambito Sanità, vanta un’esperienza precedente pluriennale nell’ambito della comunicazione d’azienda. Ha conseguito un Master of Business Administration (MBA) presso la SDA Bocconi di Milano e una laurea magistrale in Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica presso l’Università degli Studi di Bologna. Mamma della piccola Marta.
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