“Sono orgoglioso di indossare la divisa dello Stato Italiano – spiega Calcagni- e questo incarico mi aiuta ad andare avanti e mi gratifica. Il motivo più importante per il quale continuo a lavorare è che voglio trasmettere ai miei figli il messaggio che non mi arrendo alla malattia. Francesco ha sette anni e Andrea quattro e non possono ricordare l’uomo che ero, un ottimo atleta, un uomo dinamico e allora m’impegno con tutte le mie forze attuali per seminare speranza”.Il colonnello Calcagni non si scoraggia e decide di aiutare tutti i servitori dello Stato che si sono ammalati o sono morti per motivi di servizio. Aiuta le vedove e gli orfani di militari, poliziotti, vigili del fuoco, carabinieri, morti in servizio. Un impegno che lo porta a lottare contro la burocrazia, per ottenere diritti riconosciuti dalla legge italiana alle famiglie di uomini dello stato morti in servizio.
Lotta contro uno Stato che con la sua burocrazia diventa insensibile, che lascia sole le famiglie dei servitori dello Stato morti in servizio: militari dell’esercito, della marina, dell’aeronautica, poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, guardia di finanza. Oltre a sbrigare le pratiche burocratiche, il colonnello Calcagni presta ascolto a famiglie che perdono una persona cara e vorrebbero solo conforto. Ha addirittura fondato una onlus: Associazione Nazionale Onlus ruolo d’onore Carlo Calcagni, per chi volesse saperne di più c’ è anche una pagina su facebookhttp://www.facebook.com/pages/Associazione-Nazionale-Onlus-ruolo-dOnore-Carlo-Calcagni/140922859275148?fref=ts
Per questo suo lavoro meritorio, il colonnello Calcagni ha ottenuto il premio internazionale Don Pino Puglisi. Il colonnello Calcagni nonostante sia ammalato continua a fare il ciclista (riesce a percorrere dai quaranta ai settanta chilometri a ogni uscita). Nel 2012 è stato esaminato da una commissione medica della federazione ciclistica e ha avuto l’autorizzazione per correre nella categoria diversamente abile. In passato ha vinto quindici campionati italiani e ben due mondiali, a quei tempi con facilità percorreva centocinquanta chilometri.
“Andare in bicicletta oltre a combattere la malattia – spiega Calcagni- è un’importante valvola di sfogo e mi consente alla fine delle gare di parlare alla gente, alla stampa e di far conoscere la storia di noi soldati italiani ammalati a causa dell’uranio impoverito”. La lotta contro questa feroce malattia è giornaliera, e talvolta lo sconforto arriva quando la salute peggiora o diventa necessaria un’operazione. Il nemico più grande dei soldati ammalati è la burocrazia italiana.Impariamo tutti noi dal grande coraggio e dignità del Colonnello Carlo Calcagni e auspichiamo che lo Stato Italiano superi quella montagna di burocrazia e d’insensibilità che la divide dai suoi militari.
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