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Riciclo, gli Abiti dAmare di Antonella Berlen

Antonella Berlen, classe ’59,  è un’ambientalista convinta e un’artista del riciclo. Ama  trasformare e dare forma a quelli che per molti sono solo scarti: bottiglie di plastica, vecchi giornali, fazzolettini di carta, per lei nulla va sprecato. Eppure l’occhio esclusivamente rivolto alla salvaguardia dell’ambiente un giorno si ferma quando fra i rifiuti spiaggiati sulla cosa di Mola di Bari, cittadina del sud barese dove Antonella vive, trova qualcosa che parla di umana tragedia: “Tra quegli ammassi bagnati senza forma noti un calzino, un cappello, un piccolo guanto o una maglietta – Racconta – Noti che i capi presentano delle comuni sporgenze irregolari quasi circolari, gruppi di fibre di posidonia inserite nel tessuto! E inizi a guardarli con occhi nuovi. Capisci che tra tutti quei rifiuti alcuni hanno avuto una storia diversa, sono stati tessuti dal mare e parlano non di offesa all’ambiente e di cattive abitudini ma di Paesi lontani, di uomini, donne e bambini che magari non sono riusciti a terminare un viaggio di disperazione e coraggio. Raccontano di partenze prive di arrivo. Da quel momento ho cominciato a raccogliere e a curare quei “rifiuti”, a lavarli, asciugarli e farli rivivere in nuovi “abiti-messaggio” per rispetto di memoria e speranza”.

E’ nato così il progetto “Abiti dAmare”. Antonella ha iniziato a creare installazioni artistiche vestendo i suoi manichini con i pezzi dei tessuti portati dal mare. Tessuti che in alcuni casi presentano fibre intrecciate dal moto delle onde con le foglie secche di posidonia, una pianta preziosa per l’ecosistema marino. Quel che nasce è una creazione che chiamare artistica sarebbe riduttivo. 

Antonella quale messaggio vuoi trasmettere con le tue opere?

Tutto quel che faccio serve come invito al riciclo. In questo caso però il messaggio è più profondo perché oltre alla trasformazione del rifiuto c’è la voglia di far parlare queste stoffe provenienti da migranti caduti in mare… guardare questi manichini significa rendersi conto di quel che resta di queste persone, e l’unico che ne ha avuto cura paradossalmente è il mare perché quei tessuti si presentano con semisfere circolari, tessuti tagliati dalle onde e ricamati con la posidonia”.

Prima della realizzazione degli allestimenti artistici c’è un lungo lavoro su questi tessuti.  E’ cosi?

Una volta che ti rendi conto di cosa sono questi tessuti, potresti buttarli subito per creare immediatamente un distacco, oppure te ne puoi prendere cura ed è quel che faccio io. Questi stracci quando li trovo sono inzuppati, quindi li raccolto, li porto a casa, li lavo e li asciugo. Poi prendo dei pezzi da ciascun tessuto e li assemblo per fare abiti. Non utilizzo l’intera maglietta o il pantalone perché sarebbe come prendere l’indumento di una persona che forse non c’è più, sarebbe una mancanza di rispetto. Comunque conservo tutti gli abiti trovati, anche i pezzi piccolissimi, non mi va di buttare gli indumenti di queste persone. Spero un giorno di realizzare una grande coperta dell’umana speranza.

Come reagisce chi visita le tue mostre?

Il mio obiettivo è rendere la persona più consapevole e farla emozionare; di sicuro chi guarda queste mie opere inizia a riflettere, ma purtroppo bisogna ammettere che da soli non si cambia il mondo.

Il tuo ultimo allestimento è stato realizzato su un tratto di costa della tua cittadina, proprio dove hai trovato i tuoi tessuti.

“Ho voluto portare le mie opere lì dove sono nate. Da tempo con Legambiente mi occupo della pulizia di un tratto di costa di Mola di Bari 

chiamato “acqua di cristo”. E’ una zona un tempo molto apprezzata per la sua acqua cristallina grazie alla polla di acqua sorgiva che era ritenuta miracolosa. Negli ultimi tempi questa zona è stata però abbandonata dai bagnanti, disprezzata per la posidonia secca che viene scambiata con le alghe. Noi. però, vogliamo valorizzare la zona e nell’ultimo intervento di pulizia della spiaggia, ho allestito lì le mie opere”.

Ti definisci un’artigiana del riciclo, ma potremmo anche dire un’artista. Come sei riuscita a trasformare la tua passione in una professione?

Sono una matta in realtà (e ride ndr.), la mia soddisfazione maggiore è proprio essere riuscita a trasformare una passione in lavoro, un lavoro che fa anche bene all’ambiente. Per 10 anni ho lavorato come impiegata in una società, poi ho deciso di fare quel che ho sempre voluto fare: la creativa. Ho iniziato a mettere i primi passi come artigiana per poi diventare un’artigiana del riciclo. Lavoro nelle scuole con progetti sul riciclo dove oltre a coinvolgere i bambini cerco di parlare ai genitori. Io voglio le mamme in laboratorio perché mi interessa che il progetto prosegua  a casa. 

Creatività e senso civico guidano le tue scelte.

Sì, e la risposta è semplice. Più rifiuti riesco a sottrarre al mare e meglio mi sento, è il mio dovere di cittadina”.

                                                                                                                                                                                    Rossana Paolillo

 

 

I “Vestiti dAmare” di Antonella Berlen hanno fatto tanta strada dal debutto presso la facoltà di Agraria dell’Università di Bari nel gennaio del 2011. A Rimini gli abiti-messaggio hanno ricevuto il premio Ecomondo Education 2011. Al progetto è stato dedicato anche un servizio andato in onda su Rai3 per Geo&Geo. Fra le numerose mostre, ricordiamo l’esposizione allestita nell’ambito del Festival della Scienza organizzato presso il capoluogo pugliese per i 150 anni dell’Unità d’Italia, e ancora la mostra realizzata alla Biblioteca Sagarriga Visconti Volpe di Bari nel marzo 2012, ed in seguito la tappa a Roma per il Premio Eco-Creativity AGAT, evento che promuove la cultura della sostenibilità attraverso la creatività. Nel 2013 le opere di Antonella Berlen sono state esposte per l’evento Apulia Slow Coast e il viaggio degli abiti-messaggio segue senza sosta le varie iniziative della locale Legambiente (su Facebook cerca “L@ Posidonia racconta…”).

 

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Written by Cinzia Ficco

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