Hanno scavato per tutta l’estate. E si sono calati almeno dieci volte. E’ stato faticoso, ma alla fine ce l’hanno fatta.
Luca Benedetto, Nico Masciulli e Marisa Zaccaria hanno scoperto una grotta carsica in Puglia.
“E pensare – racconta Luca, nato nel ’76 a Gioia del Colle, nel Barese – che quando abbiamo deciso di aprire il cantiere con amici del Gruppo Archeologico Speleologico di Alberobello non sapevamo con certezza che cosa ci fosse in quell’inghiottitoio”.
Per Luca, che fa lo speleologo da sette anni, quella della Grotta tra Alberobello e Monopoli, individuata di recente, non è stata la prima scoperta. Una delle più affascinanti, quello sì. “Circa cinque anni fa – racconta – ho trovato una salettina nuova molto bella e ricca di concrezioni dopo tante settimane di scavo, nella grotta del trullo a Putignano, in provincia di Bari. Lì, però, l’esplorazione è rimasta ferma. Si potrebbe andare avanti e scoprire altro, ma attualmente i rapporti con il gestore non sono idilliaci”.
Tornando alla scoperta recente, Luca spiega: “Quando abbiamo iniziato non immaginavamo che avremmo avuto risultati così rilevanti. Il lavoro si presentava arduo e pesante. E sa perché? Abbiamo trovato un enorme terreno con un piccolo sprofondamento di un paio di metri, delimitato da un cerchio di sassi. Solo il racconto del proprietario di quell’area, Pierluigi Rotolo – che ci ha parlato di alluvioni passate e di migliaia di metri cubi di acqua al giorno inghiottiti dalla grave per oltre un mese – ci ha spinti a concentrare gli sforzi su quel territorio. Non sapevamo dove e a quanti metri di profondità avremmo trovato qualcosa, ma abbiamo pensato subito che avremmo in qualche modo scoperto ambienti molto grandi, capaci di inghiottire tanta acqua in un flusso continuo. Dopo qualche giornata di scavo abbiamo intuito che ci fosse un passaggio orizzontale a circa cinque metri di profondità e questo ha acceso le nostre speranze. Siamo entrati. Abbiamo trascorso l’estate a scavare e mettere in sicurezza l’ingresso. Poi, il 27 settembre scorso, siamo riusciti ad entrare. Un’emozione difficile da spiegare, soprattutto se si guarda anche a quello che c’è sul territorio sovrastante l’area”.
La grotta, infatti, si trova nel Canale di Pirro o canale delle pile, che è una polje. In sloveno una valle di origine carsica.
“È un territorio densamente coltivato – aggiunge Luca – perché molto fertile. Tante le masserie intorno. C’è anche quella della Cavallerizza, che ha avuto un ruolo storico molto importante. A pochi chilometri, Alberobello, cittadina famosa per i trulli, la chiesa di Barsento e i resti del borgo, la città di Monopoli, lo Zoo Safari”.
Una volta calati i tre speleologi si sono accorti subito della grotta. “Dopo il piccolo passaggio iniziale – aggiunge Luca – si accede subito al pozzo dei “Santi Medici”, chiamato così in onore dei nostri santi patroni, la cui festa ricorreva proprio il giorno della prima discesa. Poi il pozzo “GASP”, profondo oltre 50 metri. Poiché non avevamo con noi corde a sufficienza per scendere nel secondo pozzo, nel primo siamo rimasti due ore soltanto, giusto il tempo di fare qualche foto, una ricognizione e mettere in sicurezza i primi ambienti. Dopo due giorni eravamo di nuovo nella grotta con gli altri amici del GASP. Questa volta attrezzati per calarci ed esplorare tutta la cavità”.
I tre hanno deciso di aspettare qualche giorno per divulgare la notizia. “Abbiamo preferito mettere in sicurezza l’ingresso – aggiunge – per evitare che qualcuno finisse dentro”.
Quanto è stata faticosa questa scoperta? “Molto – replica – Abbiamo tirato fuori parecchi metri cubi di sassi e terreno. La speleologia è una disciplina stupenda, che regala tante emozioni, ma richiede spesso parecchia fatica e sacrifici. Quando, però, fai una grande scoperta, come quella della Grotta Rotolo, ti dimentichi di tutto il lavoro e il sudore”.
Cos’ha di particolare questa grotta rispetto, per esempio, a quelle di Castellana o Putignano, a pochi chilometri? “Non ne sappiamo ancora molto – risponde – ma di sicuro è la prima volta, dopo la scoperta delle Grotte di Castellana, che si trovano gallerie pseudo – orizzontali tanto grandi e lunghe. Inoltre la grotta segue alcune direzioni particolari di fratturazione della roccia, che si ritrovano anche in superficie e potrebbero portare a nuove scoperte. Un’altra particolarità è la presenza dell’acqua, che raramente è presente nelle nostre cavità e sembra condurci addirittura alla falda. Se così fosse, si aprirebbe la possibilità di studi rilevanti a carattere scientifico da effettuare sull’acqua e sui suoi percorsi sopra e sotto terra. Il rumore dell’acqua lo abbiamo sentito dopo un po’ di tempo. La prima acqua, che abbiamo visto, è quasi ferma, scorre molto lentamente e non produce alcun rumore. A metà del pozzo dei veneti, c’è effettivamente una piccola cascata, che si tuffa in un lago molto profondo e produce un rumore forte, amplificato dalla particolare conformazione del pozzo”.
Ci sono colori diversi in questa grotta? “Sì tanti – fa sapere – Il bianco immacolato dei calcari più puri, la trasparenza dell’acqua, il marrone della terra che percola dalle fessure della roccia, il marrone scuro della terra ricca di concrezioni e bagnata, il giallo e il ghiaccio delle concrezioni di alabastro e delle colate calcitiche. Alla fine è una grotta tipica della nostra terra, la Murgia del sud-est barese”.
Cosa ha provato quando ha fatto la scoperta? “È difficile spiegare certe emozioni – confessa – Secondo me solo chi le prova può capire di cosa parliamo. Quello che sento ogni volta è meraviglia, grande meraviglia di fronte alla bellezza e grandiosità della natura. E poi mi sento una cosa piccola piccola, se penso all’ immensità delle ere geologiche. Subito dopo una scoperta ho il desiderio forte di rendere partecipi gli altri di spettacoli così emozionanti, belli, che bisogna conoscere e tutelare. C’è vita anche sotto i nostri piedi. “Calarsi” o addentrarsi in una galleria, dove mai nessuno è stato, produce vibrazioni forti dentro di me. Non nascondo che provo anche timore di fronte alla maestosità della natura. Quando poi si è appesi ad una corda scompaiono i confini imposti dalla gravità terrestre e con un po’ di fantasia puoi anche credere di volare negli ampi spazi ipogei, nel buio rotto dalla luce del tuo caschetto. È quasi come se la grotta ti dotasse di superpoteri. Non sono un cultore di sport estremi. Non so se altre discipline producano gli stessi effetti, ma posso dire che quando mi calo è come se superassi i confini spazio temporali. Alla fine dei conti, comunque, la corda rimane per noi speleologi uno strumento indispensabile per percorrere gli ambienti verticali e non uno strumento ludico come, ad esempio, l’elastico del bungee jumping”
Come potrebbe essere sfruttata subito questa scoperta dalla Regione Puglia? “Secondo me – replica – gli unici aspetti sfruttabili di questa scoperta da parte delle amministrazioni ed in particolare della Regione, sono quelli scientifici. Abbiamo un ambiente incontaminato, che probabilmente ci porta in falda e prosegue. Si aprono tanti scenari di ricerca! Non è pensabile, a mio parere, uno sfruttamento turistico della cavità. Perché? Innanzitutto per la colossale opera di adeguamento che servirebbe per l’accesso. Le opere necessarie di messa in sicurezza e creazione di un percorso turistico distruggerebbero irrimediabilmente gli ambienti. È, invece, possibile, anzi, auspicabile, un turismo di carattere scientifico – speleologico, per approfondire gli studi sulla cavità. Certo, si tratta di turismo di nicchia, ma anche questo crea indotto. Siamo molto contenti della sensibilità e dell’interesse mostrato dalla Regione ed in particolare dall’assessore Fabiano Amati, alle opere pubbliche e alla protezione civile. Chiediamo di essere sempre attenti alle attività che gruppi come il nostro svolgono quasi giornalmente sul territorio anche quando non ci sono scoperte eccezionali, perché siamo proprio noi, con la nostra attività quotidiana, che abbiamo il polso del nostro territorio e spesso ci imbattiamo in situazioni davvero assurde e dannose per la salute di tutti noi. Il bello è che tutto questo lo facciamo per passione, senza finanziamenti. Non voglio fare polemiche, ma spesso i pochi fondi disponibili vengono gestiti da chi è poco lungimirante. Ci aspettiamo che la situazione cambi e che anche altri soggetti maggiormente legittimati inizino ad interloquire con le nostre istituzioni. Servirebbe una ventata di aria nuova, a beneficio degli ambienti scientifici, di ricerca e di tutti i cittadini pugliesi”.
Si sente un tipo tosto? “Mi sento molto tosto – afferma – perché ho la testa tosta! Quando ho un progetto vado sino in fondo. Se ne vale la pena, so essere cinico e caparbio, oltre che uno stratega. Tutti mi dicono che ho la testa dura, ma spesso mi rendo conto che questo è anche un grande difetto”.
Intanto Luca fa sapere che la grotta è stata dedicata a Donato Boscia, vittima della mafia.
“E’ stato tra i primi speleologi della sezione CAI di Gioia del Colle – chiarisce – e quindi è un nostro socio e compagno che ci ha preceduti in quest’avventura, condividendo le nostre passioni. Il nostro è un omaggio ad un uomo che è morto per coerenza. Il nostro gesto è quindi un grazie, una provocazione, una proposta. Anche noi, nel nostro piccolo, dobbiamo lottare contro chi inquina, deturpa e distrugge il nostro territorio per i propri interessi a danno della comunità, ma soprattutto dei nostri figli! Noi siamo solo di passaggio e dobbiamo consegnare loro la terra in condizioni migliori rispetto a quelle in cui l’abbiamo trovata”.
La grotta scoperta farà parte di un protocollo d’intesa che potrebbe essere sottoscritto entro la fine di febbraio 2013 tra la Regione Puglia, l’Autorità di Bacino, l’Arpa, i comuni interessati e i gruppi di studiosi. Alla base del protocollo ci dovrebbe essere la conferma dell’importanza del sito da parte degli speleologi.
Cinzia Ficco
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