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Covid, complotti e menti ostili: parla Milena Santerini, pedagogista

Hate speech: a dispetto di tante previsioni, la pandemia non ci ha resi migliori.

Insulti, frasi di risentimento, espressioni di invidia, minacce di morte: da un anno viaggiano più potenti grazie all’effetto eco della Rete. E tra i bersagli preferiti, gli ebrei.

La conferma arriva da Milena Santerini (Roma, ’53), docente di Pedagogia generale e interculturale all’Università Cattolica di Milano, autrice di un libro, pubblicato di recente da Raffaello Cortina Editore, intitolato: La mente ostile, una indagine di circa duecentocinquanta pagine sull’odio e le sue forme contemporanee, in cui la professoressa si chiede se la nostra mente sia programmata per essere ostile, come si siano potuti organizzare in modo scientifico certi genocidi e che sembianze abbia oggi questo sentimento.

Il suo è un osservatorio privilegiato, dal momento che è anche vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah e Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo.  

Studiando il fenomeno ogni giorno, afferma “Vedo violenza. Ma persiste quella nei confronti degli ebrei. E’ strisciante, irrazionale, ossessiva.  Non dimentichiamo che di fronte a un evento come il Covid, così terribile e inedito per le generazioni del dopoguerra, gli appassionati di cospirazioni non potevano non mettersi alla ricerca dei colpevoli”, che sono stati rintracciati subito negli ebrei, sempre alla testa di ogni complotto.

E il punto, per la docente, è proprio questo: la mente umana, fatta eccezione per quella disturbata, borderline – è empatica. Ciascuno di noi – e lo dicono le recenti scoperte sui neuroni specchio – piange e ride con l’altro. Ma in caso di una crisi economica, una inquietudine, una rottura sociale, una pandemia, un disastro naturale – come quello che stiamo vivendo – il nostro cervello tende a polarizzare, cioè a creare distanze, erigere muri tra un noi e un loro, rappresentati a turno da musulmani, zingari, omosessuali, donne, disabili, stranieri, e molto spesso, ebrei. Proprio in questi giorni è uscito un libro scritto da autori non solo no vax, ma anche antisemiti, come Pasquale Bacco e Angelo Giorgianni – intitolato Strage di Stato – Le verità nascoste della Covid19- con la prefazione del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri.  

Ricalcando l’antropologo e filosofo René Girard e la sua teoria del capro espiatorio, Santerini sostiene che in caso di un evento inaspettato scarichiamo su qualcuno le nostre paure inconsce, ma lo facciamo solo perché c’è una sovrastruttura culturale, un ambiente che – utilizzando stereotipi, cavalcando pregiudizi e false notizie– ci convincono che esista un colpevole – sempre estraneo al nostro entourage, diverso per razza, colore della pelle, gusti sessuali, etnia, religione – da trasformare in agnello sacrificale.

“E in tutto questo – afferma l’autrice – l’odio nelle sue forme ha trovato un nuovo habitat. L’odio non nasce con Internet, ma la rete permette un’estensione gigantesca, capillare e pervasiva per tutta una serie di condizioni: l’anonimato, la distanza fisica, la permanenza, l’istantaneità di quello che scriviamo.  La rete ci garantisce una sorta di disinibizione tossica, che ci fa sentire più liberi”.  

La rete può scatenarmi invidia quando guardo chi ha più successo di me o può farmi cadere in una specie di dipendenza affettiva, che mi spinge ad imitare un linguaggio aggressivo, ma alla base, ribadisce la docente, se non ci sono momenti di particolare difficoltà collettiva la rete è neutra – e la mente non è ostile in modo aprioristico.  Non esiste di per sé una mente capace di odiare, se non è istigata a farlo.

“Finora – si legge ancora nel suo libro – nessuno ha individuato una regione nel cervello che corrisponda a un termine e a un concetto così ampi. L’amigdala potrebbe essere la prima regione in cui cercare l’odio, dato che è già associata a paura, aggressività e ansia. In realtà, la reattività dell’odio può essere diffusa in molti centri cerebrali. Di sicuro l’odio si comunica, è contagioso, virale”. E può attivarsi quando, nel gioco mimetico in cui siamo tutti immersi, di riconoscimento e identificazione nell’altro, le risorse – che invidiamo – diventano scarse per un evento inatteso. A quel punto scattano la paura e quindi la rabbia. Per canalizzare e controllare sentimenti negativi, “la società crea una vittima espiatoria che permette di liberarci da desideri impuri: un agnello sacrificale molto più facile da attaccare, se si rintraccia sulla Rete”.  

Ma una società aperta, matura è quella che supera le crisi sacrificali non con la caccia alle vittime di turno, non semplificando una complessità, un cataclisma, una crisi che fanno terrore, ma cercando nuovi modi di convivere.  

Che, per Santerini, non sono leggi punitive di atteggiamenti violenti. “In una società democratica – dice – dovrebbero essere riconosciuti i diritti di tutti. E se ci sono leggi come quella sul femminicidio o possibili leggi Zan, c’è qualcosa che non funziona”.

Per fermare la violenza, inutile, ci spiega, sarebbe anche Chiudere internet, dal momento che non è la rete in sé a generare odio. “Anche se – afferma la docente – è arrivato il momento di rendere in concreto più responsabili le  grandi piattaforme digitali dell’ odio che fanno circolare e non rimuovono”.

Ma allora qual è la soluzione? La risposta alla paura di quello che non riusciamo a controllare sta nell’educazione, nella cultura”.

Che – si affretta a dire – non è la cancel culture, la moda di distruggere statue, targhe commemorative o intitolazioni a personaggi accusati di razzismo o colonialismo.

“Sono stati rimossi o vandalizzati soprattutto i monumenti dedicati agli stati secessionisti, contrari all’abolizione della schiavitù, che ricordano la guerra civile, oppure le immagini dei mercanti di schiavi, ma anche, per esempio, Cristoforo Colombo. Pur essendo condivisibile la volontà di non indicare alla memoria collettiva modelli che evocano l’ingiustizia razzista, bisogna osservare che, se si adottasse solo il criterio della rimozione, sarebbe la storia intera a poter essere cancellata. La giusta collera delle generazioni che non vogliono veder esaltati personaggi macchiatisi di gravi colpe non va confusa con la radicale cancellazione del passato, che va piuttosto criticato con gli strumenti della conoscenza, dell’analisi, della comparazione storica. Un nuovo movimento per i diritti delle minoranze non può nascere dalla negazione della storia, ma dalla sua lettura critica”.

Quindi approfondimento: solo così si può affrontare anche il complesso tema dell’odio nei confronti dell’islam, a cui l’autrice dedica l’ultimo capitolo.

“Va chiarito – afferma – che in nessun modo una critica alla violenza o all’intolleranza  in nome dell’islam può essere considerata odio islamico tout court. Ma diverso è il caso di chi considera l’islam in quanto tale un’ideologia cattiva e totalitaria, rifiutandosi di comprendere la dimensione religiosa, e di chi pensa al Corano come ad una sorte di Mein Kampf”.  

Uno studio più attento – ne è convinta- non ci spingerebbe a mischiare l’arabo, il musulmano, il terrorista e lo straniero, e ci aiuterebbe a respingere più facilmente come fantapolitica presunti piani di sostituzioni etniche (leggi Kalergi).

Per chiudere, perché tanto odio nei confronti degli ebrei e quanti sono quelli che ancora credono nell’autenticità dei protocolli dei Savi Anziani di Sion? “C’è ancora – replica  Santerini – un odio duro a morire, strisciante, nei confronti di questo popolo, basato su una pubblicazione apocrifa compilata dalla polizia segreta dello zar a Parigi tra il 1894 e il 1899 per giustificare atti di antisemitismo e pogrom nei loro confronti. E’ una profonda ostilità, antichissima. Già prima del cristianesimo la cultura particolaristica ebraica era percepita con resistenza dalla civiltà ellenistica globale che aspirava all’unificazione culturale, sociale, e politica. La paura e quindi la violenza nei confronti dell’ebreo? Ricorro alle parole di Delphine Horvilleur, rabbina francese, la quale diceva che l’ebreo non è colui che arriva da qualche posto, bensì colui che si mette in cammino, per andare lontano dal luogo in cui è nato. E’ il nome di uno sradicamento geografico o spirituale”, che può inquietare. Si ha paura di chi può rendere porosi i confini, minacciare le frontiere. Di qui l’immagine dell’ebreo infiltrato, traditore, buono a mimetizzarsi”.

Sui meccanismi che hanno portato alla Shoah, Santerini afferma: “Bisognava disumanizzare quello che rappresentava il passato, la legge che trascende la natura, la morale, la Bibbia, le radici.  Per i nazisti aveva senso un mondo senza ebrei. Immaginare una diversa civiltà e cultura significava estirpare la tradizione storica, strappare le radici del giudeocristianesimo e inventare un nuovo passato. L’ebraismo doveva rappresentare tutto ciò che andava respinto, anzi distrutto, il male che attraversa la storia. Distruggere la legge significava eliminare la pretesa di considerare tutti gli esseri umani degni di vivere. Estirpare la legge permetteva di farla finita con la compassione verso i malati e la magnanimità verso i nemici. La nazione tedesca per legittima difesa non era più tenuta a osservare le norme etiche, risparmiare i deboli e i bambini, rispettare i diritti umani.  Come scrive George Steiner, ispirandosi al pensiero di Freud, uccidendo gli ebrei si sradicavano quelli che avevano inventato dio e si respingeva il monoteismo tornando agli istintivi bisogni politeistici e animistici. Nel caso degli ebrei sotto Hitler, come si vede, non c’erano solo cause economiche e politiche dell’odio – la sconfitta, la crisi economica. L’eliminazione fisica e simbolica del mondo ebraico doveva dare senso all’impresa di costruire un nuovo mondo, un nuovo impero, una nuova società. L’odio poi è diventato feroce negli anni Settanta e si è rivolto contro le politiche di Israele. Partendo dal presupposto che nessuno debba meritare parole, atteggiamenti di odio per quello che è, sottolineo che l’antisemitismo non è eterno e ed è giunto il momento di debellarlo. Spiegare, educare, smontare gli ebrei inventati, per citare un libro uscito da poco: questo si deve fare subito. Pensiamo solo al fatto che la Shoah è stata possibile solo perché a 100 mila nazisti era stato insegnato a vedere gli ebrei come degli esseri subumani. Ho fiducia nella mente umana e nella sua educazione”.

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