Un patto di rifioritura, abolizione del Tso – così come previsto dalla Legge 180 – un progetto di vita e l’istituzione dell’ufficio – sportello della fragilità nei Comuni.
E’ il pacchetto di proposte a cui da qualche anno lavora Paolo Cendon (Venezia, ’40), docente di Diritto privato all’Università di Trieste, che nell’estate del 2018 ha dato vita a Diritti in movimento, https://www.facebook.com/DirittiInMovimentoItalia/ un’associazione apartitica, costituita da giuristi, psichiatri, operatori socio sanitari, con più di duecento adesioni da tutta Italia.
Per il professore, che negli anni Settanta ha lavorato nel team di Franco Basaglia, è arrivato il tempo di una risposta meno ortopedica, più laica, civilista, esistenzialista alla gestione del disagio fisico e psichico perché “ogni diritto ha un diverso destino” e “non esistono soggetti deboli, ma persone indebolite”.
A Cendon, tanto per capire di chi parliamo, dobbiamo il riconoscimento del cosiddetto danno esistenziale e dell’amministrazione di sostegno, un istituto a cui possono ricorrere le persone che si trovano nell’incapacità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, per effetto di una menomazione. Una misura meno grave rispetto alla interdizione.
Le sue nuove idee il docente le ha fatte conoscere al Ministro della Giustizia Bonafede, che si è detto interessato, tanto che gli ha dato carta bianca per istituire e coordinare un tavolo di lavoro nazionale su questi problemi e iniziare a confezionare leggi che migliorino la vita quotidiana di tante persone in difficoltà, sotto il profilo dei diritti.
Professore, una nuova stagione di maggiori diritti e il rischio di creare aspettative che, proprio perché in eccesso, non verrebbero mai soddisfatte? “Niente affatto – risponde il docente – Come ho scritto nel mio libro pubblicato l’anno scorso da Rizzoli, intitolato “I diritti dei più fragili”, solo una visione ampia, che contempli diritti, doveri e responsabilità – dal testamento biologico all’adozione e all’affido, dalla riparazione del danno esistenziale alla fine di un istituto orribile come l’interdizione, all’alleggerimento di tante forme di disagio – assicura davvero alla nostra società la possibilità di una grande trasformazione. Si tratta di rivedere lo status dei più fragili, non di aumentarne i diritti”.
Ma vediamo nei dettagli le sue proposte.
Il patto di riforitura, previsto per ludodipendenti, alcolisti, tossicodipendenti, è un contratto che una persona a rischio stipula con qualcuno da cui vuole essere salvato quando capisce di non avere più la forza di uscire dai suoi circoli viziosi. Si tratta di un accordo con un soggetto ampio, che comprende i Comuni. La persona fragile dice: Mi affido a voi, chiedo la vostra presa in carico, ma io mi impegno a cercare di rispettare quello che mi chiedete. Il regista di tutto questo percorso rimane il giudice tutelare. Non soltanto lo psichiatra, dunque.
“E questo – fa intendere- perché i problemi della persona non sono soltanto di natura medica. Mi riferisco a questioni economiche, legate alla scuola, alla famiglia, alla casa, e sociali. Se ci fosse già una legge in questo senso, non avremmo avuto il caso di Pamela Mastropietro. Un rapporto del genere richiede fiducia reciproca. Se il fragile viene meno all’ accordo? C’è sempre un giudice che decide se portare avanti questo patto – diciamo – di salvezza. Mi piace parlare di diritto alla coazione benevola, il diritto, cioè, di chi sta male – chi non ragiona in modo adeguato, al momento, di chi è borderline‘, di chi sta per fare delle stupidaggini – ad essere fermato, guidato, provvisoriamente, perché non commetta qualcosa di irreparabile, contro se stesso o nei confronti di altri. L’altro, chi prende in carico, come ho già detto, stila una serie di doveri che devono essere rispettati in modo rigoroso”.
Il Progetto di Vita è il documento in cui sono illustrati bisogni e aspirazioni profonde di una persona portatrice di condizioni di disabilità e fragilità. Diventerebbe parte integrante della Carta d’identità dell’interessato e verrebbe conservato presso l’Ufficio di Stato Civile della città in cui questi ha la residenza o il domicilio. Chi lo stilerebbe? Replica Cendon: “Se ne occuperebbe una Commissione permanente, istituita presso l’Ufficio di Stato Civile di ogni Comune, dietro nomina del Consiglio comunale. Di questo organismo farebbero parte esperti di materie legate a disabilità e fragilità. Toccherebbe ai responsabili dei Servizi Sociali e Sanitari, impegnati nella cura e nell’ assistenza di una persona, a fare una segnalazione al Responsabile dell’ufficio competente”.
Il progetto di vita è in sostanza il documento che difende il disabile dopo la morte del genitore. Una proposta che completa o sostituisce la legge sul dopo di Noi? “Quella è stata una legge truffa – chiarisce Cendon- voluta da e per i notai imboscati in Parlamento. Non ci sono le risorse per attuarla e poi cura solo l’aspetto patrimoniale”.
Altro punto, su cui il docente si sta battendo con l’associazione, è l’abolizione dell’interdizione, il cosiddetto Tso: Trattamento sanitario obbligatorio.
“E’ pura macelleria – spiega – che vorrei si superasse un giorno anche per i casi più gravi. E’ un trattamento devastante e inutile, poiché, chi è sottoposto a questo trattamento, dopo sette giorni, viene lasciato per strada. Vorremmo che il Tso fosse ritoccato o quantomeno integrato, introducendo un piano di trattamento vincolante a favore di persone affette da disturbi gravi o persistenti, ma valorizzando l’apporto del Giudice tutelare e il supporto dell’amministratore di sostegno”.
Quanto costerebbe la sua rivoluzione? “Non ho fatto calcoli – ci dice Cendon- ma so che lo l’ustfas, l’ufficio sportello amministrativo presso il Comune, avrebbe notevoli ripercussioni positive, allevierebbe il lavoro del giudice e dell’amministratore di sostegno.
La reazione delle famiglie dei malati mentali alle sue proposte? “Qualcuno, perdoni il mio cinismo – risponde – non vuole rivoluzioni. Sono quelle che vivono sulla pensioncina del figlio down. Ci sono ancora ignoranza e molta paura nei confronti della follia. Ma le cose potrebbero cambiare. E’ importante far capire che con questo progetto nessuna famiglia verrebbe lasciata sola – perché ci sarebbe una rete più ampia e interdisciplinare di assistenza, con un assessorato alle politiche sociali più attivo – che il malato dovrebbe attenersi ad una serie di regole e che le decisioni ultime spetterebbero sempre a un giudice”.
Nei prossimi mesi il professore pensa di illustrare le sue proposte al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e organizzare una tavola rotonda a Perugia, città che in tema di malattia mentale ha anticipato la rivoluzione di Basaglia.
Cinzia Ficco
Paolo Cendon. Fra i suoi libri: ‘Il dolo nella responsabilità extracontrattuale’, Giappichelli, 1976. ‘Il prezzo della follia’, Il Mulino, 1984; ‘Parole all’indice’, Giuffré, 1994; ‘I malati terminali e i loro diritti’, Giuffré, 2003; ‘Amministrazione di sostegno’ (con R. Rossi), Utet, 2009. Ha redatto nel 1986 il testo destinato a diventare base per l’AdSostegno. Ha messo a punto qualche anno dopo le linee della figura del Danno esistenziale. Ha fondato nel 2006 la rivista on line Persona e Danno. Ha coordinato nel 2007 la redazione del Progetto per l’abrogazione dell’interdizione (tuttora da approvare). Presiede l’associazione ‘Anziani terzo millennio’ di Trieste. Ha pubblicato nel 2016 il romanzo ‘L’orco in canonica’, Marsilio. Nel 2017 è uscito con la Utet, a sua cura, il trattato ‘Responsabilità civile’. Collabora al Corriere della Sera. In questi giorni sta ultimando un romanzo.
Adesioni
Piemonte e Valle D’Aosta 20, Lombardia 26, Veneto 20, Trento e Bolzano 7, Friuli Venezia Giulia 36, Liguria 15, Emilia Romagna 36, Toscana 24, Marche 3, Lazio 21, Umbria 3, Abruzzo 9, Molise 5, Campania 24, Puglia 20, Basilicata 3, Calabria 16, Sicilia 17, Sardegna 8
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